‘Ndrangheta, 59 arresti. Le mani della mafia sul Meazza: voleva scalzare il catering del Milan

di Repubblica

In ginocchio la cosca Libri-De Stefano-Tegano. Il tentativo di far fuori la società che per conto della squadra di Berlusconi gestisce la ristorazione allo stadio. L’azienda sana doveva essere screditata dall’indagine di un carabiniere infedele

Sembravano imprenditori, ma erano boss della ‘ndrangheta. Lo schema è noto, lo si è già visto molte volte nelle recenti inchieste milanesi, ma in queste ore è un’antica e influente cosca della ‘ndrangheta (la Libri-De Stefano-Tegano) che viene messa in ginocchio dalla Procura distrettuale antimafia e dal nucleo investigativo dei carabinieri. Si contano 59 arresti.

Accanto al traffico di droga, anche di altissimo livello, con sequestri di cocaina, hashish e di quella che chiamano ‘Ganja’, marijuana nel linguaggio hindi, e alle estorsioni, c’è un piccolo grande inedito. I mafiosi stavano provando ad entrare a San Siro con una società di catering. I detective hanno individuato un imprenditore milanese. Si chiama Cristiano Sala, ha ereditato dal padre il gruppo ‘Il maestro di casa’, che nel 2007 fatturava 35 milioni di euro all’anno e dal 2008 si mette in società con un imprenditore del principato di Monaco. Organizza attività sia nel mondo sportivo in genere sia a San Siro, attraverso la società ‘La Tribuna’, sia in altri stadi, con la ‘Welcome’. La crisi però lo fa fallire, lui diventa consulente anche di marchi importanti, ma avendo accumulato i debiti con la cosca di ‘ndrangheta “da vittima diventa complice”, si legge nell’ordinanza: e diventa anche “persona estremamente importante per il sodalizio criminoso”. Tant’è vero che Sala cerca di screditare una società, la Milan entertainment srl per il servizio di catering allo stadio Meazza per le stagioni 2013 e 2014.

Il carabiniere infedele. Sala lo fa attraverso un appuntato dei carabinieri, Carlo Milesi, abbastanza noto tra i giornalisti di nera, che il 25 ottobre 2013 produce una relazione di servizio e la trasmette alla Procura, accusando falsamente la società di impiegare lavoratori stranieri in nero. Milesi va in più occasioni nella sede del Milan, per convincere la società ad estromettere la società in concorrenza con Sala e ci torna dopo che la notizia della sua relazione di servizio esce sui giornali. C’è la registrazione di una telefonata in cui il carabiniere infedele racconta di essere entrato nella sede della società – ovviamente estranea a questi maneggi – e di aver atteso che i dirigenti finissero di parlare (chissà se è vero) con Barbara Berlusconi. E’ un passaggio che in ogni caso dimostra quanto sia facile riuscire a farsi aprire le porte di importanti e ignari imprenditori da parte delle organizzazioni criminali che si presentano con una “faccia pulita”.

False fatture su carbon trading per 3,5 miliardi, nove arresti della Finanza

di Il Fatto Quotidiano

Sono 32 le persone iscritte nel registro degli indagati della procura di Milano. Nell’ambito dell’operazione è stato eseguito anche un sequestro per un totale di circa 650 milioni di euro. Per gli inquirenti il capo è un cittadino franco-israeliano

Il “fenomeno” delle frodi sulle “quote di emissione di Co2“, i cosiddetti “certificati neri” attestanti la “riduzione di inquinamento da ossido di carbonio da parte delle aziende”, “stando alle cifre che emergono da questa indagine”, risulta “particolarmente allarmante soprattutto se si pensa alla possibilità di riciclare, praticamente senza controlli, ingenti quantità di denaro”, con un “vulnus di rilevanti proporzioni per gli interessi dell’Erario”.

È la riflessione della Procura di Milano nella richiesta di custodia cautelare nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto di nove persone da parte del Nucleo di Polizia Tributaria per una presunta maxifrode fiscale nel settore del carbon trading da circa 650 milioni di euro con fatture false per circa 3,5 miliardi di euro.

Il passaggio della richiesta dei pm Carlo Nocerino e Adriano Scudieri è contenuto nelle oltre 200 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Stefania Donandeo. Nelle carte dell’inchiesta si legge che la presunta associazione per delinquere, che aveva uomini e società a disposizione sparsi in mezza Europa e in Medioriente, dalla Tunisia alla Francia passando per la Lituania, la Germania, la Slovacchia, la Gran Bretagna e l’Albania, era “riconducibile ad un unico vertice franco-israeliano in via di completa identificazione”.

Tra i capi della presunta associazione, secondo il gip, figurano Eddie Briand, un francese di 33 anni residente a Parigi, Rafaela Murati, un’albanese di 31 anni, anche lei residente a Parigi, e Mauro Pino, romano di 50 anni. Tutti e tre sono finiti in carcere. Tre società poi, con sede a Milano, la Star Co Energia srl, la Ypoint srl e la Adatto Energy srl, avrebbero funzionato come “collettore di fatture false e da interfaccia con i reali cessionari delle quote Co2, fungendo da cassa dell’organizzazione”.

Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Francesco Greco, hanno ricostruito le attività di dell’associazione a delinquere, che si serviva appunto di società italiane ed estere, per commerciare i certificati di carbone trading, ossia le quote di emissione dei gas serra introdotte con la direttiva europea 87 del 2003 per promuovere la riduzione dell’inquinamento secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica. Grazie a “ripetute e sistematiche frodi carosello” e a società cartiere e di società filtro nella filiera commerciale la banda si appropriava dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) connessa alle transazioni. L’Iva non pagata in Italia, stando alle indagini, è stata stata portata all’estero con la creazione di fondi neri a partire dal 2010.

Sono 32 le persone indagate: si tratta di amministratori di fatto o di diritto di 28 società utilizzate dall’associazione. Nell’ambito delle operazioni della Gdf, nelle quali sono stati impegnati oltre 150 finanzieri, è stato eseguito anche un sequestro per un totale di circa 650 milioni di euro.

Mafia, appalti e tangenti: 37 arresti a Roma. Indagato Alemanno, in carcere anche ex Nar

di La Stampa

Maxi-operazione di carabinieri e Finanza. Il ministro Alfano: «L’inchiesta è solida». A capo della cosca Massimo Carmianti, il “Nero” di “Romanzo criminale”. Sequestrati beni per 200 milioni di euro. Nei guai politici locali e consiglieri regionali

Un collaudato e redditizio patto di ferro tra mafia e politica a Roma, non a caso definito dagli inquirenti «Mafia capitale». L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno è indagato per associazione mafiosa e, per lo stesso reato, in manette è finito, tra gli altri, l’ex terrorista nero Massimo Carminati, «il Nero» di Romanzo Criminale (personaggio di spicco nella banda della Magliana è accusato anche dell’omicidio Pecorelli) interpretato al cinema da Riccardo Scamarcio. Saltano subito all’occhio questi due nomi nella maxi operazione della Procura e dei carabinieri del Ros di Roma, con Massimo Carminati ritenuto al vertice dell’associazione mafiosa. La prima, in assoluto, di connotazione esclusivamente romana.

I NOMI ECCELLENTI  

Nel complesso gli arrestati sono 37, tra cui anche l’ex ad dell’Ente Eur, Riccardo Mancini, oltre a una serie di «eccellenti» indagati. Ma l’aspetto più inquietante è la scoperta di un sistema mafioso per l’aggiudicazione di appalti pubblici con il coinvolgimento di funzionari e politici del Comune di Roma e della Regione Lazio. I Ros hanno perquisito il Campidoglio, la Regione e diverse abitazioni private tra cui quella dell’ex sindaco Alemanno. Hanno ricevuto un avviso di garanzia anche il consigliere regionale Pd Eugenio Patanè, quello Pdl Luca Gramazio, e il presidente dell’Assemblea capitolina Mirko Coratti.

COME AGIVA LA “CUPOLA” DELLA CAPITALE

È stato, insomma, individuato un sodalizio mafioso da anni radicato nella capitale con diffuse infiltrazioni nel mondo imprenditoriale per ottenere appalti pubblici dal Comune di Roma e dalle aziende municipalizzate, anche per quanto riguarda i campi nomadi e i centri di accoglienza per gli immigrati. I reati ipotizzati sono associazione di stampo mafioso, estorsione, usura, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e altri reati ancora. L’indagine è coordinata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Michele Prestipino e dai sostituto Paolo Ielo e Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli. Contestualmente all’operazione «Mafia capitale», la Guardia di Finanza sta procedendo al sequestro di beni per oltre 200 milioni di euro, in applicazione di un decreto firmato dal Tribunale di Roma.

IL CAPO ERA CARMINATI  

Intercettazioni telefoniche, pedinamenti e una proficua e altamente professionale attività investigativa ha consentito di smascherare uno scandalo tra mafia e politica di dimensioni inimmaginabili. Che risale, peraltro, a molti anni fa. Si legge infatti nell’ordinanza del gip Flavia Costantini: «E’ difficile stabilire esattamente il tipo di collegamento tra l’odierna organizzazione mafiosa riconducibile a Massimo Carminati e il substrato criminale romano degli anni ottanta, nel quale essa certamente affonda le sue radici. Esistono indiscutibili corrispondenze sul piano soggettivo e sul piano oggettivo». E ancora: «Sul piano soggettivo Mafia Capitale si è strutturata prevalentemente attorno alla figura di Massimo Carminati, il quale ha mantenuto e mantiene stretti legami con soggetti che hanno fatto parte della Banda della Magliana o che comunque le gravitavano intorno».

PIGNATONE: “OMERTA’ E ASSOGGETTAMENTO”  

Mafia e politica che hanno fruttato fior di quattrini. Tutto grazie – come si legge nell’ordinanza – «al riferimento alla forza di intimidazione del vincolo associativo deve intendersi che l’associazione abbia conseguito in concreto, nell’ambiente circostante nel quale essa opera, un’effettiva capacità di intimidazione, sino ad estendere intorno a sè un alone permanente di intimidazione diffusa, tale che si mantenga vivo anche a prescindere da singoli atti di intimidazione concreti posti in essere da questo o quell’associato». L’inchiesta Mafia Capitale del procuratore Giuseppe Pignatone viene ben riassunta dal gip nell’ordinanza: «Le indagini svolte hanno consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine all’esistenza di una organizzazione criminale di stampo mafioso operante nel territorio della città di Roma, la quale si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne derivano per commettere delitti e per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione e il controllo di attività economiche, di appalti e servizi pubblici».

L’EX SINDACO: “DIMOSTRERO’ LA MIA ESTRANEITA’”

In un comunicato Gianni Alemanno si difende e respinge le accuse: «Chi mi conosce sa bene che organizzazioni mafiose e criminali di ogni genere io le ho sempre combattute a viso aperto e senza indulgenza. Dimostrerò la mia totale estraneità». «Sono sicuro – conclude – che il lavoro della Magistratura, dopo queste fasi iniziali, si concluderà con un pieno proscioglimento nei miei confronti».

ALFANO: “INCHIESTA SOLIDA”

«Ho grande stima e considerazione per il procuratore capo di Roma che ha grande spessore competenza equilibrio, quindi sono convinto della solidità dell’inchiesta» commenta il ministro dell’Interno Angelino Alfano a «Di martedì» su La7 aggiungendo: «Su persone che conosco, come Alemanno, mi auguro riesca a dimostrare la sua estraneità così come ha detto». «Se l’inchiesta è fondata – ha aggiunto Alfano – ci sono cialtroni che non smettono di rubare; inutile fare le leggi se si continua a rubare, non si deve rubare!», ha tuonato il ministro.

Ecco l’elenco degli ordini di custodia cautelare emessi dal gip di Roma Flavia Costantini.

In carcere:  

Massimo CARMINATI

Riccardo BRUGIA

Roberto LACOPO

Matteo CALVIO

Fabio GAUDENZI

Raffaele BRACCI

Cristiano GUARNERA

Giuseppe IETTO

Agostino GAGLIANONE

Salvatore BUZZI

Fabrizio Franco TESTA

Carlo PUCCI

Riccardo MANCINI

Franco PANZIRONI

Sandro COLTELLACCI

Nadia CERRITO

Giovanni FISCON

Claudio CALDARELLI

Carlo Maria GUARANY

Emanuela BUGITTI

Alessandra GARRONE

Paolo DI NINNO

Pierina CHIARAVALLE

Giuseppe MOGLIANI

Giovanni LACOPO

Claudio TURELLA

Emilio GAMMUTO

Giovanni DE CARLO

Luca ODEVAINE

 

Ai domiciliari:  

Patrizia CARACUZZI

Emanuela SALVATORI

Sergio MENICHELLI

Franco CANCELLI

Marco PLACIDI

Raniero LUCCI

Rossana CALISTRI

Mario SCHINA

Rifiutata dal gip Costantini la richiesta della procura di misura cautelare nei confronti di Gennaro Mokbel e Salvatore Forlenza, che rimangono tuttavia indagati.

Campobasso. Evasori di bolli auto, denunce della Polizia Stradale

timthumbdi Quotidiano Molise

Continuano serrate le indagini della Squadra di P.G. della Sezione Polizia Stradale di Campobasso, volte a smascherare gli evasori dei bolli auto e coloro che con sotterfugi cercano di sottrarsi alle proprie responsabilità connesse alla circolazione dei veicoli.

Questa volta è stato un intero nucleo familiare ad essere scoperto. Sin dal 2006 avevano messo in atto un efficace sistema che gli ha consentito di risparmiare non solo gli importi degli esborsi dovuti ma, addirittura, di trarne guadagni in termini di introiti finanziari.

Il meccanismo consisteva nel fare attestare sul certificato di proprietà del veicolo l’avvenuta vendita in favore di altro soggetto. L’atto veniva asseverato dall’Ufficiale di Anagrafe del comune di residenza che autenticava la firma del venditore e, come per legge, si limitava ad annotare sul documento le generalità dell’acquirente.

Da tale data, sarebbe scattata l’esenzione del pagamento del tributo alla Regione Molise. In realtà la vendita era solo formale e non sostanziale e pertanto essa era un mero espediente per sottrarsi alle responsabilità connesse alla proprietà del veicolo sia sotto il profilo tributario sia sotto quello della circolazione stradale, poiché il proprietario è obbligato in solido con il trasgressore per le violazioni delle norme del Codice della Strada.

E’ stato infatti accertato che i presunti acquirenti erano persone inesistenti e che i veicoli restavano nella piena disponibilità dei finti venditori. Di tal guisa, per le contravvenzioni recapitate per eccessi di velocità ad esempio, era sufficiente inviare un ricorso al Prefetto asserendo la propria estraneità ai fatti perché non più proprietario, supportando la dichiarazione con la copia del Certificato di proprietà dal quale si evinceva il nuovo responsabile in solido. Le Forze di Polizia avviavano quindi la procedura di notifica nei confronti del nuovo intestatario che, in quanto insistente, risultava senza esito, con conseguenti spese a carico dell’Erario.
Non solo.

I tre soggetti individuati, peraltro una coppia di noti professionisti isernini, ed il genitore di uno di loro, dovranno rispondere di truffa continuata ai danni dello Stato dinanzi Procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo regionale.

Uscire dall’A27 senza pagare: ecco come agiscono i furbetti dell’autostrada

di Il Mattino

TREVISO – L’autostrada veneta A27 ha circa 100mila euro di danni l’anno, provocati da pedaggi non pagati. A fare la stima è stata la polizia stradale, pubblicata sul Mattino. Uscire senza pagare l’autostrada non è impossibile come sembra.

Le strategie principali sono due. La prima è quella di entrare da una porta a pagamento, ritirare il biglietto, e uscire sulla scia di un veicolo che si serve del Telepass. Il secondo metodo prevede l’uscita da una porta automatizzata. Dopo aver inserito una tessera viacard esaurita c’è la possibilità di chiedere l’apertura delle sbarre, di ritirare lo scontrino, e di pagare in contanti o sul sito internet della società entro una settimana. Una ditta di Milano non ha pagato pedaggi per un importo di 17mila euro e potrebbe addirittura rischiare il pignoramento degli automezzi.

Sequestrate 2 tonnellate di falso formaggio dop

di Ansa

Personale del comando regionale Puglia del Corpo forestale nel corso di controlli per la sicurezza e tutela dei prodotti agroalimentari effettuata in un’azienda di Ruvo di Puglia che svolge l’attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari ha sottoposto a sequestro di circa 2.000 kg di falso formaggio pecorino romano dop. Il formaggio aveva etichette e sigilli falsificati, contenenti informazioni errate e contraddittorie. Denunciati i tre rappresentanti legali dell’azienda.

Attenti alle truffe: paga con una banconota da 30 € e gli danno pure il resto

30 euroda Corriere.it

Da pochi giorni è arrivata la nuova banconota da 5 euro: definita super sicura, praticamente impossibile da contraffare. Nel frattempo, però, in Germania è spuntata anche la prima banconota da 30 euro. La “nuova” serie riportava gli stessi disegni del pezzo da 20, solo che il 2 sul biglietto si era trasformato in un 3. Con questo trucchetto un uomo è riuscito a pagare alla cassa di un supermercato nella cittadina di Dülmen (Westfalia), facendosi persino dare il resto (GUARDA LA BANCONOTA).

DA DUE A TRE – In un primo momento, ha spiegato la polizia del distretto di Coesfeld, la cassiera non si sarebbe accorta della banconota falsa. Infatti, a una prima occhiata può risultare difficile notare una sostanziale differenza con l’originale. Forse per la fretta o in un momento di distrazione, la donna ha preso la banconota da 30 euro, l’ha messa nel registratore di cassa e ha dato il resto allo sconosciuto, un uomo di 41 anni che aveva appena acquistato delle sigarette. Ma poi l’insolito comportamento del cliente le ha fatto sorgere dei dubbi e ha esaminato con più attenzione quella banconota con un grosso 30 stampato in cima a destra. Troppo tardi, l’uomo si era già allontanato in bici.

RICOSTRUZIONE – Qualche ora più tardi, il 41enne responsabile della presunta truffa ha telefonato alla stazione locale di polizia, dopo che la notizia era uscita sui media. Ha dichiarato di aver trovato il curioso biglietto da 30 in strada, credendolo una banconota finta lo avrebbe mostrato alla moglie e poi messo nel portafogli. Insomma, avrebbe speso il biglietto «inavvertitamente», scambiandolo per una banconota da 20. Una tesi che al momento trova riscontro anche tra gli inquirenti; la polizia, infatti, non crede che l’uomo abbia voluto spendere intenzionalmente il biglietto falso. «Forse si tratta di uno scherzo di un falsario, magari annoiato dal lavoro sempre uguale», spiegano. I 30 euro falsi sono stati sequestrati.

Polizia chiede soldi via pc,ma e’ truffa

100 euroda Ansa.it

La polizia postale di Bolzano mette in guardia da una truffa in internet: il pc si blocca improvvisamente e sul monitor appare l’intestazione della polizia postale che impone il pagamento di 100 euro per sbloccare il sistema.

In piu’ – in stile orwelliano – l’utente vede se stesso in un quadratino tramite la propria webcam, come se venisse spiato.

La polizia invita a segnalare eventuali tentativi di truffa e di tenere sempre aggiornato il programma antivirus sul proprio computer.

Pesaro: clonavano carte di credito, 3 arresti

da Polizia di Stato

La mente del gruppo era la donna, stilista di talento; i due uomini, un ex pugile e un romeno ex appartenente ai servizi segreti di quel Paese, eseguivano i suoi ordini.

I poliziotti della questura di Pesaro, insieme ai militari della Guardia di finanza, hanno arrestato le 3 persone, perché responsabili di associazione per delinquere finalizzata all’estorsione e alla ricettazione, nonché alla clonazione di carte di credito.

Dalle indagini è emerso che i componenti dell’organizzazione si procuravano, grazie alle complicità a livello internazionale vantate dal romeno, i codici di carte di credito di ignari cittadini stranieri, per poi trasferirli su delle comuni carte dotate di banda magnetica, che venivano usate come strumenti elettronici di pagamento.

L’utilizzo di queste carte avveniva in negozi di persone compiacenti nella provincia di Pesaro, attraverso l’acquisto simulato di merci – abbigliamento, mobili, telefonia, ricariche telefoniche ed altro, le “strisciate” con le carte clonate avvenivano anche in stazioni di servizio, ristoranti e alberghi.

Il volume d’affari della banda è di circa 10 milioni di euro. Nel corso dell’operazione, sono state eseguite oltre 30 perquisizioni in varie città d’Italia, sono state sequestrate 2 pistole, 4 caricatori di cui 2 inseriti nelle armi, centinaia di munizioni, giubbotti antiproiettili con piastra d’acciaio, coltelli, manganelli elettrici e strumenti per effrazione, lettori di bande magnetiche, carte di credito contraffatte.

Appalti truccati a Trenitalia: 27 arresti

da Polizia di Stato

Imprenditori e funzionari di Trenitalia ritenuti responsabili di aver inquinato e truccato il sistema degli appalti della  società sono stati arrestati, questa mattina, dalla Squadra mobile di Firenze e dal compartimento della polizia Ferroviaria della Toscana.

Tra i reati contestati alle 27 persone, tutti agli arresti domiciliari, ci sono: corruzione, turbata libertà degli incanti, turbativa  d’asta, peculato, falso abuso di ufficio e accesso abusivo alle banche dati riservate di Trenitalia.

L’operazione, denominata “Espresso 2”, è il risultato della seconda tranche dell’inchiesta sugli appalti truccati di Trenitalia e di  un’azienda di trasporti campana, la Sepsa, nell’ambito della quale nell’ottobre del 2011 sono state arrestate 15 persone e indagate 42, accusate di  aver pilotato gare relative alla fornitura di accessori per la manutenzione dei treni.

Tredici le province coinvolte tra cui Firenze, Prato, Ascoli Piceno, Vicenza, Monza, Pavia, Milano, Torino, Bari, Pordenone, Verona, Genova e  Napoli.