Arrestati gli autori di una violenta rissa a Cremona

fonte Polizia di Stato

Sono stati identificati e arrestati i protagonisti di una violenta rissa in cui è rimasto ferito gravemente un giovane militante del centro sociale Dordoni di Cremona.

Questa mattina gli uomini della Digos di Cremona hanno arrestato 4 persone e notificato gli arresti domiciliari ad altre 12, appartenenti al movimento di CasaPound e al centro sociale Dordoni.

Per tutti l‘accusa è di rissa aggravata e per due degli arrestati anche quella di concorso in tentato omicidio nei confronti del militante del centro sociale Emilio Visigalli.

I fatti risalgono alla sera del 18 gennaio scorso, dopo la partita Cremonese-Mantova, quando numerosi militanti di CasaPound e del Dordoni parteciparono ad una maxirissa, proprio nei pressi del centro sociale.

L’episodio provocò il gravissimo ferimento del ragazzo che fu colpito da una sprangata e poi da calci e pugni; a seguito di tali violenze il giovane è entrato in coma dal quale è poi uscito settimane più tardi.

Le indagini svolte anche attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno permesso d’identificare gli autori del pestaggio e di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti. Gli esponenti di CasaPound dopo aver raggiunto le loro auto nel parcheggio vicino all’ingresso del centro sociale Dordoni, venivano bloccati da un cordone di circa una decina di antagonisti, armati di caschi, bastoni e spranghe.

Il motivo scatenante di tale rappresaglia era da attribuire sia all’affissione di alcuni adesivi che riproducevano il logo di CasaPound davanti al portone del centro sociale e sia a un precedente diverbio avvenuto la sera precedente.

Sono stati disposti gli arresti domiciliari anche nei confronti del ragazzo rimasto ferito in quanto durante le intercettazioni è emerso che lo stesso voleva vendicarsi e stava prendendo contatti con i militanti di sinistra di altre provincie.

Hanno partecipato all’operazione gli uomini del commissariato di Crema, uomini della specialità del Reparto prevenzione Crimine e del Reparto mobile.

Alfano sugli spari a Milano: gravissimo, non succeda mai più

fonte Ministero degli Interni

Il killer del tribunale poteva colpire ancora, fermato grazie alla videosorveglianza. Il ministro dell’Interno, già a Milano, in conferenza stampa nel palazzo di Giustizia: «L’intervento delle Forze dell’ordine ha salvato vite»

L’uomo che questa mattina in un’aula del tribunale di Milano ha ucciso a colpi di pistola tre persone, Claudio Giardiello, imputato per reati economici nel processo in corso, avrebbe avuto intenzione di uccidere un’altra persona, al momento ancora da individuare, ma è stato fermato prima, a Vimercate, dai Carabinieri che grazie alle telecamere della videosorveglianza hanno riconosciuto scooter e targa.

Lo ha riferito il ministro dell’Interno Angelino Alfano durante la conferenza stampa organizzata in tribunale dopo il sopralluogo effettuato insieme al ministro della Giustizia Andrea Orlando e al procuratore della Repubblica del tribunale di Milano Edmondo Bruti Liberati.

Alfano, appena informato dell’episodio, ha interroto la riunione del comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica dedicata a EXPO 2015 che stava presiedendo in prefettura.

«Il sistema di videosorveglianza ci ha permesso di individuare la targa e arrivare all’uomo» ha sottolineato Alfano parlando di «eccellenza straordinaria del sistema» e ringraziando «le nostre donne e uomini in divisa e specificatamente i Carabinieri per un’azione straordinaria».

La sparatoria in tribunale rimane comunque «un fatto che ci ha colpiti profondamente, gravissimo, inaccettabile», lo ha definito il ministro, un fatto «che purtroppo ha precedenti ma non doveva succedere e speriamo non succeda mai più».

«La rapidità delle indagini è necessaria per chiarire subito quello che è successo, chi sia il responsabile dell’ingresso di una persona con un’arma a Palazzo di Giustizia». «Le nostre forze dell’ordine stanno interrogando, insieme alla magistratura l’omicida, e faranno tutto il possibile per accertare la verità con chiarezza. È urgentissimo il bisogno di capire per colmare le falle del sistema di sicurezza degli uffici giudiziari».

Rimini: furti e rapine per la banda della “Black car”

fonte Polizia di Stato

Pianificavano furti e rapine ad abitazioni e attività commerciali, e a conclusione di un’indagine della Squadra mobile di Rimini, sono stati arrestati: otto persone sono finite in manette nell’operazioneBlack car“.

Gli arrestati sono tutti accusati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine in esercizi commerciali, furti in abitazione e ricettazione.

Per sette di loro si sono aperte le porte del carcere, mentre l’unica donna dell’organizzazione criminale, una ventottenne riminese, è stata sottoposta all’obbligo di dimora.

Nei mesi scorsi, dopo una serie di furti e di rapine e l’unico indizio in mano alla Polizia, un’auto nera da cui l’operazione prende il nome, gli investigatori avevano attivato un’indagine che aveva svelato una fitta attività del gruppo che dal campo nomadi, nel quale alcuni di loro dimoravano, gestivano e pianificavano i luoghi e le attività da colpire.

Numerose sono state le perquisizioni e il sequestro di materiale utile alle indagini. All’operazione hanno partecipato anche le questure di Brindisi, Ancona e Asti.

Meta, rapita bimba da una casa famiglia: i carabinieri fermano il padre e due donne

META. Hanno rapito una bambina da una casa famiglia del centro di Meta mentre usciva per mano ad un’operatrice insieme ad una decina di piccoli compagni.

Un vero e proprio sequestro, con un furgone di appoggio. L’operatrice è stata spintonata e, stando alle prime ricostruzioni, minacciata con una pistola. A fermare il gruppo in fuga col furgone e la bimba, però, hanno pensato i carabinieri della stazione di Piano e della compagnia di Sorrento.

Provvidenziale anche il tamponamento con un’auto di passagio, con a bordo due ragazzi.

La bimba era ospite della casa delle suore francescane dei sacri Cuori per una vicenda che coinvolge i genitori e che ancora è da chiarire. La piccola è stata visitata in ospedale. Non ha subito ferite o traumi fisici: in braccio a suor Paola, madre superiora dell’istituto, ha però gli occhi gonfi di pianto e di paura. I suoi sequestratori sono stati portati in caserma e sono sotto interrogatorio. Fino alle 15, 30 è stata ascoltata anche l’operatrice testimone del sequestro.

I carabinieri si eramo lanciati all’inseguimento con le volanti, due motociclette: anche la municipale aveva scatenato la caccia. Poco prima della galleria di Seiano, i militari avevano intercettato e arrestato i rapitori, mettendo in salvo la bambina. Uno scroscio di applausi aveva salutato il loro rientro a Meta insieme alla piccola.

fonte Il Mattino

Carabinieri-rapinatori, tre proiettili contro l’auto dei fuggitivi

Tre schegge di proiettile conficcate nell’abitacolo della Lancia Libra sulla quale viaggiavano i due carabinieri arrestati per l’omicidio di Pasquale Prisco e la rapina al supermercato Etè di Ottaviano: è quanto emerge dagli ultimi controlli in corso per chiarire cosa sia realmente successo sulla Statale 268 dopo il raid e l’inseguimento di due settimane fa. Due dei tre frammenti di bossolo erano conficcati nella parte interna del tetto della station wagon intestata a Claudio Vitale, mentre un terzo è stato ritrovato in una portiera.

Saranno gli esami balistici affidati al Racis di Roma a stabilire se quelle schegge provengono da colpi di pistola esplosi contro l’auto in corsa prima che i due carabinieri-rapinatori si andassero a schiantare nel guard rail o se invece siano pezzi di quei proiettili che, all’impazzata, i due militari hanno esploso contro i fratelli Prisco e i loro dipendenti partiti all’inseguimento dopo la rapina a uno dei market di famiglia. Un elemento nuovo va quindi ad aggiungersi al quadro investigativo già complesso all’esame del pm Carla Bianco che coordina le indagini.

 

fonte Il Mattino

Matera, uccide la moglie a bastonate durante litigio: ex dirigente Psi agli arresti domiciliari

Incredulità e scalpore hanno segnato la Pasqua nella comunità di San Mauro Forte (Matera) per l’uxoricidio commesso ieri in una casa del centro storico dove abitavano due anziani coniugi.

È stato posto agli arresti domiciliari Giuseppe Faniello di 92 anni, ex agricoltore, e amministratore del Psi negli anni Ottanta: ha ucciso con un bastone di legno la moglie 83enne, Maria Fantasia, forse al culmine di un litigio per motivi banali che lo ha portato a colpire più volte al capo la donna mentre era a letto.

Il sostituto procuratore della Repubblica di Matera, Salvatore Colella, ha disposto nei suoi confronti la misura degli arresti domiciliari presso l’abitazione della figlia, che vive vicino alla casa dei genitori, e che è stata la prima ad accorrere e a scoprire quanto era accaduto.

Sul posto sono intervenuti i Carabinieri per l’avvio delle indagini: i militari dell’Arma hanno ascoltato l’uomo per cercare di ricostruire la dinamica del raptus che lo ha portato a colpire la moglie con il bastone. Il corpo dell’anziana è stato trasferito al cimitero, a disposizione del magistrato per l’effettuazione dell’esame autoptico.

 

fonte Il Messaggero

Roma, tenta di violentare la coinquilina armato di coltello: arrestato

I Carabinieri del Nucleo Radiomobile di Roma hanno arrestato un cittadino romano, di 47 anni, già conosciuto alle forze dell’ordine, con l’accusa di violenza sessuale, lesioni personali, denunciandolo anche a piede libero per porto abusivo di arma da taglio.

L’uomo, ieri sera, all’interno del suo appartamento, in via Sergio Tofano, in zona Vigne Nuove, in evidente stato di alterazione psicofisica ed armato di un grosso coltello, ha tentato di violentare una 23/enne cittadina albanese a cui aveva affittato una porzione dell’abitazione. L’uomo, dopo averla palpeggiata ripetutamente e pretendendo un rapporto sessuale, al netto rifiuto della vittima è andato su tutte le furie e con un grosso coltello l’ha aggredita.

Fortunatamente la donna è riuscita a sfuggire dalle grinfie del molestatore e con uno stratagemma l’ha chiuso fuori di casa allertando il 112. All’arrivo dei Carabinieri il 47enne è stato bloccato mentre stava tentando di sfondare la porta dell’abitazione, ancora in possesso del coltello che è stato sequestrato.

La donna invece soccorsa presso l’ospedale «Umberto I» a causa delle ferite riportate ne avrà per almeno 5 giorni. Il 47enne arrestato dai Carabinieri è stato associato presso il carcere di Regina Coeli, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

 

fonte Il Messaggero

Grandi opere, Incalza agli arresti domiciliari

L’ex top manager delle Infrastrutture era stato arrestato lo scorso 16 marzo

Una ventina di giorni dopo l’arresto, l’ex supermanager delle Infrastrutture, Ercole Incalza, 71 anni, è uscito dal carcere ed è tornato a casa, dove resterà ai domiciliari. Anche se «nessuna circostanza nuova è intervenuta a modificare o attenuare il quadro indiziario», il gip di Firenze Angelo Pezzuti ha ritenuto che non sussistessero più le «eccezionali esigenze cautelari» richieste per tenere chiuso in cella un ultrasettantenne.

E poi, non ci sono né il pericolo di fuga né quello che torni a compiere reati: «Il periodo di tempo trascorso dall’indagato in regime di custodia in carcere – annota il gip – sembra avere esercitato, in un soggetto assolutamente nuovo all’esperienza carceraria e di età avanzata, un’adeguata efficacia deterrente verso il pericolo di recidiva». I difensori di Incalza, gli avvocati Titta Madia e Simonetta Perrone Compagni, si sono detti soddisfatti e hanno rinunciato al riesame.

Incalza è accusato di aver ricevuto «ingenti somme di denaro» in cambio delle direzioni dei lavori fatte avere a Stefano Perotti nell’ambito dei grandi appalti per le opere pubbliche, dalla Tav alla Salerno-Reggio Calabria. Incalza e Perotti sono stati arrestati dai carabinieri del Ros il 16 marzo. Lo stesso giorno, ai domiciliari sono finiti un collaboratore di Incalza, Sandro Pacella, e un imprenditore, Francesco Cavallo, che aveva molte entrature al ministero per le Infrastrutture.

Incalza e Perotti sono ritenuti dalla procura di Firenze i principali indagati, i registi del `sistema´, di quel continuo scambio di denaro e favori che avrebbe reso i grandi appalti pubblici un affare gestito da una ristretta cerchia di persone vicine all’ex capo della struttura di missione del ministero delle Infrastrutture.

Per la stessa inchiesta, ieri sono finiti ai domiciliari Salvatore Adorisio e Angelantonio Pica, dirigenti della Green Field. Secondo gli investigatori, la società serviva a garantire il passaggio di denaro da Perotti a Incalza: il primo ne era l’amministratore di fatto, il secondo veniva ricompensato con delle consulenze. La Green Field – hanno ricostruito gli inquirenti – ha versato a Incalza circa 700 mila euro, che hanno costituito per l’ex capo della struttura di missione del ministero «la principale fonte di reddito dal 1999 al 2012»: «ha guadagnato più dalla Green Field che dallo stesso ministero delle infrastrutture».

Per il 9 aprile, nell’ufficio del gip di Firenze sono in programma gli interrogatori di garanzia per Pica e Adorisio. Il difensore del primo, l’avvocato Alessandro Ippoliti, ha già annunciato che il suo assistito risponderà alle domande del gip per chiarire «la sua estraneità alle accuse».

 

fonte La Stampa

Genova: operazione “Baby Gang”

fonte Polizia di Stato

Individuati e denunciati i componenti di una baby gang che a Genova prendeva di mira giovanissimi studenti a cui venivano rapinati smartphone o tablet.

L’operazione, nata all’inizio di febbraio, in seguito ad un incremento di furti e rapine ai danni di ragazzi, ha avuto successo grazie anche alla collaborazione attiva di diversi compagni di scuola delle vittime.

I giovani, uscendo dalle scuole del levante cittadino, alla fermata dell’autobus, oppure all’interno del mezzo pubblico, venivano accerchiati da vere e proprie bande di ragazzi più grandi che, con la forza fisica e l’intimidazione si appropriavano di costosi smartphone o tablet di ultima generazione.

Tali oggetti, a tempo di record, venivano immessi sul mercato clandestino cittadino e nuovamente riattivati e riutilizzati, dando luogo ad un incremento esponenziale del fenomeno criminoso, in relazione alla facilità di realizzazione di profitti illeciti.

Tra i ragazzi si stava diffondendo il timore che viaggiare sul “17” ad una certa ora, fosse diventato estremamente pericoloso.

L’attività investigativa degli agenti del Commissariato Foce Sturla ha consentito di poter individuare i vari passaggi e gli attuali utilizzatori di alcuni degli smartphone rapinati.

All’alba di mercoledì, i poliziotti hanno dato esecuzione a quattro decreti di perquisizione, che hanno permesso di sequestrare due smartphone, oggetto di rapina in danno di due ragazzini, e un’altra ventina di apparecchi, che gli agenti ritengono provenire da altrettanti delitti della stessa specie.

Tale attività ha permesso, nel suo complesso, di segnalare al Tribunale per i Minorenni nove giovani, dei quali alcuni appartenenti allo stesso comprensorio scolastico delle vittime, ed altri che si univano da fuori, per il reato di rapina in concorso, ricettazione e riciclaggio; mentre cinque maggiorenni dovranno rispondere del reato di ricettazione.