Cinquanta chili di droga in auto, un arresto a Catania

Un altro arrestato a Petralia Sottana: aveva in auto un chilo di “fumo” e due ovuli di eroina

Trasportava 40 chili di droga Francesco Reitano, 38 anni, arrestato dalla polizia a Catania. A bordo della sua Mercedes classe B nascondeva 300 panetti di hashish per complessivi 40 chili. L’uomo è stato bloccato nel quartiere di Zia Lisa alla periferia della città. In una successiva perquisizione in un garage di pertinenza dell’indagato, nello stesso quartiere, i poliziotti hanno sequestrato anche 11 chili di marijuana. Reitano è stato trasferito nel carcere di piazza Lanza a Catania.

Anche i carabinieri della compagnia di Petralia Sottana (Palermo) hanno arrestato un uomo per detenzione al fine di spaccio di droga. I militari, durante un posto di controllo svolto sulla SS 643, all’ingresso del Comune di Polizzi Generosa, hanno intimato l’alt al conducente di una Fiat Multipla che procedeva a velocità sostenuta. Durante la perquisizione dell’auto, è stata trovata, nascosta dietro il sedile anteriore, una busta di plastica contenente nove panetti di hashish, pari al peso complessivo di 900 grammi. Nella borsa dell’uomo, inoltre, i carabinieri hanno rinvenuto due ovuli di eroina del peso di 23 grammi circa ed una confezione di cellophane con all’interno due grammi di marijuana. L’uomo è stato trattenuto in caserma in attesa dell’udienza di convalida come disposto dall’autorità giudiziaria.

fonte La Repubblica

Roma, non si ferma all’alt e cerca di travolgere i carabinieri: arrestato dopo inseguimento

I carabinieri della stazione Roma Montespaccato hanno arrestato un ragazzo romano di 29 anni, già noto alle forze dell’ordine, con l’accusa di tentato omicidio, violenza e lesioni a Pubblico Ufficiale. Ieri sera, il giovane, in via S. M. Agostina, mentre era alla guida di una Smart è stato fermato da una pattuglia per un normale controllo alla circolazione stradale ma invece di arrestare la marcia ha aumentato la velocità, tentando di investire i militari e fuggendo via. Ne è nato un breve inseguimento conclusosi poco dopo con il fermo del 29enne che ha reagito violentemente nei confronti dei carabinieri, tentando di colpirli più volte con calci e pugni per guadagnare la fuga.

I militari sono comunque riusciti a immobilizzarlo e a ammanettarlo. A seguito degli accertamenti è emerso che il giovane era alla guida della sua auto sprovvisto di patente poiché revocatagli. Il 29enne è stato portato nel carcere di Regina Coeli, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

fonte Il Messaggero

I carabinieri gli sequestrano l’auto e lui ne ruba un’altra per tornare a casa

I carabinieri gli sequestrano l’auto, priva di assicurazione e lui ne rapina un’altra, subito dopo, per tornare a casa, ma viene arrestato. E’ successo al Parco Verde di Caivano dove è finito in manette Angelo Monte, 39enne, di Marcianise.
Monte viene fermato da una pattugli dal controllo la vettura in suo possesso risulta priva di assicurazione, quindi scatta la contravvenzione e il sequestro amministrativo del veicolo (una Opel Corsa).

Visti i precedenti dell’uomo, i militari lo accompagnano in caserma, negli uffici della tenenza di Caivano, per approfondire gli accertamenti. Ultimato il controllo Il Monte esce, ma non gli va giù il fatto d’essere costretto a tornare a casa con mezzi pubblici o a piedi e quindi, dopo aver camminato per circa 500 metri, nota un anziano accingersi ad entrare nella sua Fiat Punto.

Non ci pensa due volte a prendere un pezzo di legno e a colpire pesantemente alla nuca il malcapitato, facendolo cadere a terra. velocemente l’aggressore entra nella punto, si mette alla guida e parte. la vittima però, non completamente fuori gioco, ha la forza di rialzarsi e aggrapparsi alla portiera lato guida.

Con il proprietario appeso allo sportello Monte fa un lungo tratto in retromarcia su un vialetto per guadagnare la fuga e liberarsi dell’uomo avvinghiato alla macchina. Ma è talmente impegnato a far cadere la vittima che va a sbattere contro due auto parcheggiate, tanto da essere costretto a demordere dal tentativo di rapina e scappare a piedi.

Ma grazie alla tempestiva segnalazione telefonica ai Carabinieri fatta da un testimone, una pattuglia del pronto intervento arriva dopo pochi secondi e blocca la fuga a piedi del rapinatore. Tornato in caserma dopo appena un quarto d’ora, questa volta il Monte viene arrestato per rapina aggravata, e dopo le formalità di rito viene accompagnato presso il carcere di Poggioreale. Per fortuna le lesioni riportate dalla vittima della rapina non sono gravi.

fonte Il Mattino

430 beni confiscati alla mafia tornano al territorio siciliano

Cerimonia di consegna nella sede palermitana dell’Agenzia nazionale beni sequestrati alla criminalità organizzata. Ancora da destinare 3000 immobili solo nell’isola

Ci sono anche due plessi scolastici del quartiere palermitano di Brancaccio confiscati, sedi dell’istituto magistrale ‘Danilo Dolci’ e del liceo scientifico ‘Ernesto Basile’, tra i 54 beni consegnati ufficialmente questa mattina a Palermo dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc). Si tratta del primo ‘corpo’ dei 430 beni in arrivo tra oggi e domani dall’Agenzia al territorio siciliano, destinati a enti pubblici come la regione, i comuni, le Forze dell’ordine e le amministrazioni statali.

In tutto, ha detto il direttore dell’Anbsc Umberto Postiglione durante la cerimonia di consegna nella sede siciliana dell’Agenzia, sono 950 i beni immobili confiscati consegnati in Sicilia da ottobre scorso a oggi. A questi si aggiungono i 2.500 beni – immobili, terreni, aziende – in procinto di essere consegnati su tutto il territorio nazionale, come ha deliberato il 25 marzo scorso il consiglio direttivo Anbsc.

«Sono 3.000 – -informa Postiglione – gli immobili ancora da destinare in tutta la Sicilia».

«Nella sola provincia di Palermo la settimana scorsa sono stati consegnati 80 immobili, di cui 31 per emergenza abitativa. La consegna di alcuni immobili sottratti alla criminalità organizzata per essere utilizzati come alloggi di edilizia popolare permette di dare respiro alla città e ai suoi abitanti» ha aggiunto il direttore dell’Agenzia annunciando, per domani, la firma di un protocollo con il comune di Palermo per “l’efficiente amministrazione e riutilizzo per finalità istituzionali e sociali dei beni confiscati” nel capoluogo.

Tra i 430 beni in corso di consegna alla Sicilia ci sono anche edifici che saranno adibiti ad alloggi per i Carabinieri dei comandi provinciali di Palermo e Caltanissetta.

fonte Ministero dell’Interno

‘Ndrangheta: 30 indagati a New York e Reggio Calabria

Sono 30 gli indagati per traffico internazionale di sostanze stupefacenti tra gli Stati Uniti e la Calabria.

L’operazione è stata condotta da squadre miste di investigatori della Polizia di Stato e agenti del Federal Bureau of Investigation (Fbi) e dell’ Homeland security in Calabria e a New York.

L’indagine, coordinata dalla Procura antimafia di Reggio Calabria insieme a quella di New York, ha ricostruito vecchie e nuove alleanze criminali e mafiose, confermando il ruolo autoritario e di leadership di famiglie della ‘Ndrangheta nella gestione del traffico internazionale di stupefacenti.

Il nome in codice dell’operazione è “Columbus” . Il 12 ottobre scorso, infatti, giorno del Columbus Day, investigatori della Polizia italiana e dell’Fbi hanno atteso in un porto degli Stati Uniti il primo carico di cocaina. Proveniente dal Centro-America, la droga era destinata alla “piazza” di New York e a quelle europee. Broker del traffico, un incensurato calabrese, titolare di una pizzeria nel quartiere del Queens. L’uomo, arrestato insieme ai genitori, è accusato di traffico internazionale di droga.

Nel corso delle indagini, grazie a intercettazioni audio e video, la Polizia ha scoperto che il ristorante della famiglia era la base di copertura per il traffico di coca diretta a New York e in Calabria.

Da mesi gli investigatori del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e la Squadra mobile di Reggio Calabria erano a New York insieme agli agenti dell’Fbi.

Grazie a pedinamenti e intercettazioni di persone sospettate di aver avviato un traffico internazionale di stupefacenti, nell’ottobre e nel dicembre 2014, nei porti statunitensi di Wilmington (Delaware) e Chester – Philadephia (Pennsylvania), erano stati sequestrati due carichi di cocaina per un totale di 60 chili.

Le congratulazioni del capo della Polizia

“Ancora una volta gli splendidi investigatori della Polizia di Stato, lavorando insieme ai loro colleghi dell’FBI, hanno saputo colpire la ‘ndrangheta nella sua dimensione internazionale, caratteristica che fa di essa una delle più potenti organizzazioni criminali del mondo”, queste le parole con cui il capo della Polizia Alessandro Pansa, ha commentato l’operazione.

“Sotto la sapiente guida delle procure distrettuali di Reggio Calabria e di New York,” ha proseguito il prefetto Pansa, ” la Polizia di Stato ha continuato la nell’attività di indagine che aveva già permesso di assestare durissimo colpo alle cosche statunitensi nel febbraio 2014 con l’operazione denominata “new bridge”.

“Le mie congratulazioni e i miei complimenti” ha concluso il capo della Polizia, “alle donne ed agli uomini della Polizia di Stato che continuano con il loro lavoro a garantire i più elevati standard di lotta al crimine organizzato”.

L’indagine è stata caratterizzata dalla cooperazione tra autorità giudiziarie e investigative italiane e statunitensi, nell’ambito del progetto operativo denominato Pantheon, protocollo stipulato fra il Servizio centrale operativo e l’agenzia americana del Federal Bureau of Investigation.

La cooperazione si avvale del reciproco e diretto scambio di investigatori esperti nella lotta alla criminalità di tipo mafioso con la finalità di assicurare l’interscambio e il raffronto delle informazioni sull’andamento della criminalità di tipo mafioso, sulle associazioni, sui soggetti criminali e sui traffici illeciti di comune interesse.

 

fonte Polizia di Stato

Una Convenzione per combattere i crimini informatici

Il capo della Polizia Pansa firma un accordo triennale con Telecom

La prevenzione come arma privilegiata contro il cybercrime. Con questo obiettivo è stata firmata questa mattina a Roma una convenzione, dopo i positivi risultati ottenuti con il precedente accordo firmato nel 2009, tra il capo della Polizia Alessandro Pansa e l’amministratore delegato di Telecom Italia spa Marco Patuano.

Il piano di collaborazione, di durata triennale, punta alla prevenzione dei crimini informatici sui sistemi informativi critici della società di servizi di comunicazione telefonici e elettronici e gestore della principale infrastruttura di rete per le telecomunicazioni dell’Italia. Il Servizio polizia postale e delle comunicazioni, attraverso il Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (Cnaipic), opererà, in collaborazione con i responsabili della sicurezza di Telecom, alla prevenzione e alla repressione dei crimini informatici.

​Viene prevista:

– la condivisione e l’analisi di informazioni
– la segnalazione di emergenze di vulnerabilità, minacce e incidenti in danno della regolarità dei servizi di telecomunicazione
– il coordinamento operativo degli uffici territoriali e delle funzioni aziendali
– lo sviluppo di attività formative congiunte sui sistemi e tecnologie informatiche e anche sulle procedure di intervento.

fonte Ministero dell’Interno

Roma, ricatto hard alla ex, medico arrestato: dopo averla narcotizzata filma la violenza

Narcotizzata e violentata dal suo ex compagno, un medico romano di 64 anni, che dopo averla invitata a cena, ha filmato il loro rapporto sessuale e minacciato di divulgarlo in rete e ai familiari, se non avesse pagato 4 mila euro. La vittima è una sessantatreenne in pensione che vive, come lui, a Montesacro. Tra i due era nata da pochi mesi una relazione burrascosa, segnata da continui litigi e riappacificazioni, ma anche da una breve convivenza. Per lui, un medico omeopata da poco in pensione, che lavorava anche in una clinica di Velletri, sono scattate le manette con l’accusa di violenza sessuale e tentata estorsione. Il tribunale di Roma ha disposto gli arresti domiciliari.
Un incubo per la donna che aveva accettato di rivederlo, dopo qualche settimana che si erano lasciati. Lei, che fiduciosa pensava a un tentativo di riappacificazione, certo non poteva immaginare che proprio quell’uomo trovasse il coraggio di narcotizzarla e violentarla. La donna non si sarebbe accorta neanche del filmato che il medico stava facendo. «non ero cosciente» ha raccontato agli investigatori. Per drogarla il medico ha usato una sostanza psicotropa o un potente anestetico. E non è escluso che l’uomo abbia deciso solo dopo aver ripreso il loro rapporto di ricattarla.

Un professionista stimato, lui, anche dai suoi pazienti. Con una laurea in medicina e chirurgia conseguita all’Università La Sapienza di Roma nel 1981. E molte erano le passioni che coltivava, come quella per il golf, l’arte, il mare e l’amore per i suoi cani, ma anche il volontariato. Tra i suoi progetti, quello di fare il medico in Kenya. «Un padre amorevole con i suoi due figli, soprattutto con il maschio, che aveva qualche problema di salute» raccontano alcuni dei suoi amici.

INSOSPETTABILE Insomma, un insospettabile. Una persona di cui la sessantatreenne si era innamorata proprio per la sua profonda umanità. Ai carabinieri della stazione di Ponte Milvio, la vittima ha raccontato di essere caduta in un sonno profondo e che al suo risveglio conservava ricordi molto confusi di quanto era accaduto a casa del suo ex compagno, insieme ad una strana sensazione di stordimento. Di quella serata del 24 marzo scorso rimane solo questo.

Fino a quando lui non ha cominciato a ricattarla.
La donna, separata così come il suo ex convivente, ha ricevuto infatti poco dopo quell’incontro una sua telefonata con la richiesta di denaro. La motivazioni che l’hanno spinto al ricatto non sono ancora chiare. Forse una vendetta. Sembra essere questa l’ipotesi più plausibile. Una tremenda vendetta, dettata probabilmente dalla fine di quella relazione.

I carabinieri della compagnia Roma Trionfale, diretti dal capitano Luca Acquotti, in breve tempo sono riusciti a ricostruire quanto accaduto quella sera a casa del medico. Dopo aver ascoltato il racconto della vittima, hanno trovato il video ed altre prove che hanno consentito l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei suoi confronti dal tribunale di Roma.

fonte Il Messaggero

[Esplora il significato del termine: Corteo No Expo, interrogati i fermati Il gip conferma gli arresti per tutti] Corteo No Expo, interrogati i fermati Il gip conferma gli arresti per tutti

I cinque sono tutti accusati di resistenza a pubblico ufficiale aggravata dall’uso di armi improprie e dal numero dei partecipanti

Il gip di Milano Donatella Banci Buonamici ha convalidato gli arresti e la misura della custodia cautelare in carcere chiesta dai pm nei confronti delle cinque persone bloccate venerdì scorso durante il corteo «No Expo» a Milano. Sono tutti accusati di resistenza a pubblico ufficiale aggravata dall’uso di armi improprie e dal numero dei partecipanti. Il giudice, accogliendo la richiesta del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e del pm Piero Basilone, ha quindi disposto il carcere per le cinque persone. Stando agli atti dell’indagine, gli arrestati per contrapporsi con violenza alle forze dell’ordine durante le devastazioni di venerdì scorso hanno lanciato contro gli agenti anche bottiglie e un grosso masso di cemento. Nel corso degli interrogatori di lunedì i cinque si sono difesi, sostenendo di non aver partecipato alle violenze e in alcuni casi parlando anche di uno scambio di persona, ma il gip, da quanto si è saputo, non ha ritenuto credibili le loro versioni. Il gip, inoltre, ha condiviso la tesi del pm, che hanno inquadrato le singole azioni di resistenza in un contesto di «violenza collettiva» contro le forze dell’ordine. Restano in carcere, dunque, Jacopo Piva, milanese di 23 anni, Heidi Panzetta, residente a Milano e di 42 anni, Anita Garola, milanese di 33 anni, Davide Pasquale, 32 anni di Alessandria e Mirko Leone, 27 anni di Lodi. Nell’atto con cui la Procura ha chiesto il carcere per gli arrestati, da quanto si è saputo, si evidenzia la differenza tra la resistenza «classica» di un uomo che si oppone all’intervento delle forze dell’ordine per non farsi identificare o per fuggire e quella che avrebbero messo in atto i cinque, i quali avrebbero aggredito gli agenti con lancio di pietre e l’uso di bastoni.

Gli interrogatori
Il primo a essere interrogato lunedì nel carcere milanese di San Vittore è stato un 27enne incensurato di Lodi. «Il mio assistito ha risposto alle domande del gip, spiegando di non aver partecipato agli scontri e che si dissocia da qualsiasi forma di violenza», ha detto l’avvocato Filippo Caccamo, difensore del 27enne. Il pubblico ministero Piero Basilone, attraverso il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli in udienza, ha chiesto la custodia cautelare in carcere per il giovane. Secondo quanto spiega il difensore al 27enne «vengono contestate singole condotte che lui ha respinto». Il legale ha precisato che nei confronti del suo assistito la polizia non ha depositato fotografie o video riprese che lo identifichino durante gli scontri, ma le indagini sono in corso, così come l’analisi delle immagini in possesso della Digos.

«La maschera? Per lo smog»
Il secondo interrogato è stato il 23enne Jacopo Piva, residente a Rozzano, nell’hinterland milanese, commesso in un negozio di calzature. È accusato in particolare di aver «rovesciato un bidone dell’immondizia in fiamme in zona Pagano e di aver lanciato una bottiglia vuota contro le forze dell’ordine». «Non mi interesso di politica, non ho mai frequentato centri sociali o gruppi antagonisti», ha detto. Alle spalle ha solo una denuncia, lo scorso agosto, per aver tracciato una tag su una pensilina. Il giovane, secondo quanto ha riferito il suo difensore, l’avvocato Loris Panfili, ha raccontato al gip di essere andato a Milano con la fidanzata e amiche solo per «partecipare alla manifestazione del 1° Maggio, contro il precariato contro l’Expo» e di essersi trovato «nel mezzo degli scontri provocati da altre persone». Ha spiegato inoltre che la mascherina antismog in neoprene, trovata dalle forze dell’ordine nel suo zaino, «serviva solo per riparare dallo smog circolando in bicicletta», dato che non ha la patente. «La sua identificazione come uno dei partecipanti agli scontri non è certa – ha spiegato il suo difensore – e per questo abbiamo chiesto la scarcerazione. La polizia non ha fornito né una descrizione del suo abbigliamento, né delle particolarità della sua fisionomia».

La donna arrestata e il bullone
«La mia assistita ha spiegato di non aver partecipato agli scontri, e di essere andata al corteo con alcuni amici per manifestare pacificamente», ha spiegato l’avvocato Paolo Antimiani, difensore di Heidi Panzetta, la donna 41enne, che ha una figlia e lavora come barista, arrestata in zona Pagano. «È accusata di aver preso dei bastoni in mano ma lei ha negato tutto – ha sottolineato – spero che i filmati chiariscano la situazione». Ha respinto gli addebiti anche Pasquale Davide, elettricista 32enne di Tortona (Alessandra), accusato anche di lancio di oggetti pericolosi. «Ha spiegato di aver solo raccolto un bullone e di averlo gettato subito a terra – ha sostenuto il suo difensore, l’avvocato Daniele Cattaneo -, e di essersi coperto il volto con la felpa per ripararsi dal fumo dei lacrimogeni. Non è contrario a Expo – ha concluso – ed è venuto a Milano per partecipare alla May Day Parade del 1° Maggio in quanto lavoratore precario». Nel tardo pomeriggio è arrivata poi la decisione del giudice Donatella Banci Buonamici, la quale ha confermato l’arresto e le misure cautelari per tutti e cinque i fermati.

Gli arresti a Genova
Il pm Federico Manotti della procura genovese ha chiesto lunedì pomeriggio al gip la convalida dell’arresto dei cinque antagonisti francesi fermati domenica mattina nel capoluogo ligure dopo avere danneggiato alcune auto in sosta e sospettati di avere preso parte ai disordini avvenuti venerdì scorso a Milano. I cinque giovani devono rispondere, a vario titolo, di danneggiamento aggravato in concorso, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, false dichiarazioni sulla propria identità. L’interrogatorio davanti al gip si svolgerà entro mercoledì. Uno dei cinque, Raemy Hicham Errabia, di 24, appartenente a un movimento anarco-autonomo francese, dalla banca dati Interforze risulta essere stato denunciato dai carabinieri di Bardonecchia nel luglio 2012 per fatti inerenti la protesta No Tav e allontanato dal territorio nazionale, con divieto di rientro per motivi di pubblica sicurezza, mediante un provvedimento del prefetto di Torino. «Non sono mai stato a Milano e tanto meno ho partecipato agli scontri dell’Expo. Sono a Genova da una settimana e sono venuto a trovare il mio amico Pierre Boilleau che studia qui». È quanto ha dichiarato al suo legale Luc Robert Gauthier, 24 anni, uno dei cinque presunti black bloc francesi arrestati domenica mattina dalla polizia a Genova per aver danneggiato alcune auto nel centro storico. Gauthier ha sostenuto di non essersi mai allontanato dalla Liguria e di non avere partecipato ad alcuna manifestazione. Anche Boilleau, 24 anni, ha detto al suo legale «di non essere mai stato in Lombardia», di essere a Genova da sei mesi a seguire un corso di studi Erasmus e di non avere mai preso parte a disordini. Con Gauthier, Boilleau ed Errabia sono stati arrestati anche Tristan Gweltaz Haye, 26 anni e Chloè Gallais, 25.

fonte Corriere della Sera

Milano devastata, capo polizia: Expo non poteva macchiarsi di sangue

«L’Expo non si poteva macchiare di sangue, né dei manifestanti, né delle forze dell’ordine»: così il prefetto Alessandro Pansa, capo della Polizia, al Gr Rai ha spiegato la strategia tenuta ieri sul campo dalle forze dell’ordine per contenere i manifestanti violenti.
«È evidente che chi tira una molotov deve essere arrestato, ma ieri abbiamo valutato che non valeva la pena intervenire e arrestare perché avremmo creato danni ancora più gravi». I veri obiettivi dei violenti, ha detto, erano piazza Duomo e la Scala.
E nelle ore successive il capo della Polizia ha telefonato all’agente del reparto mobile di Padova che venerdì, durante gli scontri a Milano, è rimasto ferito ad una gamba colpita da una molotov lanciata dai black bloc. Nel corso della telefonata Pansa ha ringraziato l’agente per quanto fatto, assieme agli uomini e alla donne delle forze di polizia che anche nei prossimi mesi continueranno a garantire la sicurezza dell’Expo. «Provo orgoglio – ha detto il capo della Polizia all’agente – nel vedere con quanto silenziosa abnegazione e tangibile spirito di sacrificio hanno operato tutti gli uomini delle Forze dell’ Ordine». «Credo – ha aggiunto – che molti detrattori delle forze di polizia possano trovare una risposta non retorica vedendo le immagini di quanto accaduto a lei e di quanto sofferto dai suoi colleghi. Io le posso e le voglio testimoniare la mia profonda gratitudine e la fiducia e l’orgoglio che provo per tutti i poliziotti e gli operatori dei Reparti Mobile in particolare.

L’INCHIESTA
L’ipotesi di reato al centro dell’inchiesta della Procura di Milano, che dovrà accertare le responsabilità per i violenti disordini di ieri, è quella di «devastazione», che prevede pene fino a 15 anni di carcere. Ieri, intanto, sono state arrestate 5 persone in flagranza per resistenza, lesioni e altri reati. Dopo la guerriglia di ieri messa in atto dai black bloc nel centro di Milano, le forze dell’ordine, coordinate dal pm di turno Piero Basilone, hanno arrestato in flagranza 5 persone per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, getto pericoloso di cose e oltraggio. Ora, però, le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, capo del pool antiterrorismo (di cui fa parte anche il pm Basilone), dovranno accertare le responsabilità di tutti quegli incapucciati che ieri pomeriggio hanno messo a ferro e fuoco la città, bruciando macchine, negozi e filiali di banche, devastando vetrine e lanciando pietre, bombe carta e molotov. Al momento, al vaglio degli inquirenti ci sono almeno una decina di altre posizioni, oltre alle persone già arrestate, e l’ipotesi di reato su cui i pm si stanno muovendo è quella di «devastazione», prevista dall’articolo 419 del codice penale. Un reato che prevede pene comprese tra un minimo di 8 anni e un massimo di 15 anni di carcere. Nel frattempo, oltre al lavoro investigativo e di indagine, gli inquirenti dovranno chiedere oggi la convalida degli arresti effettuati ieri e le misure cautelari per i cinque antagonisti finiti in carcere.

IL CAPO DELLA POLIZIA
«Il fatto che le forze dell’ordine abbiano atteso e lasciato che alcune azioni violente venissero compiute è una scelta fatta a monte. Noi infatti, grazie all’attività di intelligence, sapevamo benissimo che gli obiettivi dei manifestanti violenti erano ben altri: volevano fare danni molto maggiori, raggiungere piazza Duomo e la Scala, distruggere i simboli di Expo disposti nella città», ha detto ancora Pensa.

Sull’uso che è stato fatto dei lacrimogeni, Pansa ha spiegato: «I lacrimogeni vengono usati quando si vuole disperdere una folla, quando ci sono gruppi che cercano di fare azioni violente facendosi forza tra loro. Il lacrimogeno li disperde e li mette in difficoltà». Interrogato sul perché, quando la polizia vede i manifestanti incendiare un’auto, non intervenga, il capo della Polizia ha risposto: «Perché saremmo caduti nella loro trappola. I piccoli gruppi che agivano in vie laterali si sarebbero rifugiati nel corteo e noi saremmo finiti addosso al corteo senza riuscire più a individuarli. Così avremmo consentito loro di raggiungere gli obiettivi che volevano».

Il procuratore Romanelli «Grazie al lavoro straordinario delle forze delle ordine e di chi era là in prima linea l’area dei disordini è rimasta circoscritta», ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, capo del pool antiterrorismo che coordina le indagini sulle devastazioni di ieri. Romanelli, inoltre, ha chiarito che da parte delle forze delle ordine, nei giorni precedenti alla manifestazione contro l’Expo, è stato effettuato anche un «grande lavoro, e fatto molto bene, dal punto di vista dell’attività preventiva e di monitoraggio».

Il riferimento è alla serie di perquisizioni della Digos e della polizia di Stato in appartamenti occupati e in altri luoghi, tra cui anche un centro sociale, che hanno portato ad alcuni arresti e al sequestro di materiale, come mazze, kit per fabbricare molotov e picconi. A seguito delle perquisizioni, inoltre, sono stati adottati dalla Questura e poi convalidati dai giudici anche una serie di provvedimenti di espulsione di stranieri, tra cui francesi e tedeschi, che potevano rappresentare un pericolo per l’ordine pubblico.

«La strategia operativa adottata dalle Forze di Polizia ha efficacemente permesso di contenere e arginare l’aggressività di centinaia di contestatori violenti, salvaguardando innanzitutto l’incolumità dei cittadini, degli stessi manifestanti pacifici e degli operatori delle Forze di Polizia», ha detto la Prefettura al termine del Comitato per l’ordine pubblico e sicurezza.

Il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, presieduto dal Prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca – scrive la Prefettura di Milano – è stato convocato questa mattina per fare un bilancio dopo le violenze commesse nel pomeriggio di ieri e il punto sulla situazione complessiva dell’ordine pubblico. Oltre ai vertici delle Forze di Polizia erano presenti il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia.

«I partecipanti – prosegue la nota – hanno unanimemente considerato che la strategia operativa adottata dalle Forze di Polizia, ha efficacemente permesso di contenere e arginare l’aggressività di centinaia di contestatori violenti, salvaguardando innanzitutto l’incolumità dei cittadini, degli stessi manifestanti pacifici e degli operatori delle Forze di Polizia».

«È stata anche sottolineata la vasta attività di prevenzione, messa a punto dal Comitato, e posta in essere dalle Forze di Polizia che, nei giorni precedenti alla manifestazione, hanno proceduto a perquisizioni, sequestro di materiale pericoloso ed armi improprie, giungendo anche ad una serie di arresti ed espulsione di cittadini stranieri – osserva la nota -. Sono in corso, già dalle prime ore successive ai disordini, tutte le necessarie attività investigative, d’intesa con l’Autorità giudiziaria competente, per giungere a identificare e sanzionare gli autori delle azioni violente».

«È stata analizzata la situazione ad oggi in relazione alla sue possibili evoluzioni – conclude la Prefettura – convenendo di confermare il mantenimento, per i prossimi giorni, dell’imponente dispositivo di sicurezza già posto in essere, sia in relazione agli obiettivi sensibili della città che del sito espositivo».

fonte Il Messaggero

Campania choc. Violentarono una minorenne, scatta l’arresto

Montella. Tre arresti per violenza carnale nei confronti di una minore. Un 32enne rumeno è finito in carcere. Una ragazza, sempre di nazionalità rumena, e un uomo irpino di 55 anni sono agli arresti domiciliari. La brutta storia si è verificata a Montella. La vittima è una 14enne rumena sola e indifesa, in un contesto familiare fragile e disagiato. Due uomini adulti approfittano di lei, ne fanno oggetto della loro insana passione, si sentono forti e sicuri, sapendo di poter contare sulla complicità della sorella più grande che sa tutto, ma finge di non vedere. Attenzioni morbose e molestie sessuali diventano l’incubo della minorenne, le subisce per mesi. Fino a quanto la storia non trapela. Forse per una confessione sussurrata tra i singhiozzi. Della vicenda vengono informati i servizi sociali.

La ragazzina viene sottratta alla famiglia che non sa o forse non può difenderla ed affidata ad una casa famiglia. Gli assistenti sociali avvisano i carabinieri della compagnia di Montella al comando del capitano Galloro. I militari intraprendono un’attività di indagine, trovano riscontri alla brutta storia, il muro di omertà comincia a scricchiolare, affiorano particolari, si raccolgono confidenze. Da questo quadro poco edificante emerge che il 32enne rumeno che abusava della ragazzina è il convivente della sorella, di quella sorella maggiore che accettava tutto senza ribellarsi e senza cercare di difendere la sorella più piccola. Anche un amico di famiglia, un uomo di 55 anni si prendeva molte libertà con la minorenne.

La ragazzina rumena è rimasta molto provata psicologicamente da questa vicenda. Pare, fortunatamente, che né il 32enne rumeno, né il 55enne irpino abbiano avuto rapporti sessuali completi con la ragazzina, i servizi sociali hanno agito tempestivamente, prima che accadesse il peggio, affidandola ad una casa famiglia e sottraendola alla libidine e agli istinti pruriginosi dei due. I fatti si riferiscono ad un anno fa. Sono state, invece, eseguite ieri le ordinanze di custodia del Gip del Tribunale di Avellino che ha accolto la richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica, diretta dal Procuratore Cantelmo, concordando con le risultanze investigative dei Carabinieri di Montella.

Insieme all’uomo di 55 anni, è finita agli arresti domiciliari anche la sorella della minorenne, per non aver impedito che la 14enne subisse abusi da parte dei due uomini e per averla costretta a sopportare in silenzio le violenze. Mentre per il trentaduenne rumeno si sono aperte le porte del carcere.

fonte Il Mattino