Tenta di avvelenare la moglie ma lei lo filmava: in manette

acidoda Eco di Bergamo

Ha tentato di avvelenare la moglie 61enne mischiando l’acido muriatico con l’acqua che la donna beveva, ma è stato scoperto dalla consorte. Così un 67enne di Dalmine è stato arrestato dalla polizia con la pesante accusa di tentato omicidio.

La denuncia mercoledì 27 marzo e l’arresto sabato 30, ma la storia risale a febbraio, quando la 61enne beve a casa l’acqua da una bottiglietta e sente uno strano bruciore. Pensando che ci sia qualcosa che non va, la donna fa controllare l’acqua nella ditta in cui lavora e i risultati parlano inequivocabilmente di acido muriatico.

La donna si insospettisce e scopre tra i medicinali del marito, un 67enne, una bottiglietta sospetta con un contagocce. Sostituisce il contenuto con dell’acqua e fa analizzare il liquido prelevato da un’altra ditta per avere un riscontro in più.

Le analisi confermano che si tratta di acido muriatico. La donna ne parla con i parenti e decide di installare una telecamera in cucina per osservare i movimenti del marito. Che viene pizzicato mentre aggiunge acido muriatico in una bottiglietta d’acqua aperta usata dalla moglie.

La 61enne decide così di denunciare alla polizia il marito che viene arrestato con ordine di custodia cautelare in carcere. L’accusa è di tentato omicidio. Il marito avrebbe raccontato che non era sua intenzione uccidere la moglie, voleva soltanto farla stare male un po’, perché era esasperato che la donna pensasse soltanto a organizzare pellegrinaggi.

FACEBOOK: Si inventano figlia 13enne e ricattano impiegato, arrestati

facebookda Agi – agenzia di stampa

Si sarebbero inventati l’esistenza di una figlia 13enne iniziando a chattare tramite Facebook con un impiegato per poi ricattarlo con la minaccia di rivelare che era un pedofilo. E’ la drammatica esperienza vissuta da un 40enne, separato, che nel dicembre scorso aveva iniziato un fitto scambio di messaggi tramite il popolare social network con quella che credeva essere una piacente donna. Con il passare dei giorni fra i due la confidenza ha preso piede, lo scambio dei numeri di telefonino con un fitto scambio di sms, anche particolarmente intimi. Nessun incontro invece. Dopo un certo periodo l’impiegato ha ricevuto una telefonata dal numero di quella che credeva la sua amica. Invece era la voce di un uomo ad annunciargli che non aveva chattato con una donna ma con una ragazzina di appena 13 anni. Il misterioso interlocutore avrebbe poi aggiunto che era sua figlia per passare quindi alle minacce e alla richiesta di 30mila euro per non ‘rovinarlo’. Il 40enne ha acconsentito di versare la somma ma successivamente si e’ rivolto anche ai carabinieri di Arluno che con si sono presentati al momento di versare l’ultima tranche da mille euro. Cosi’ si e’ scoperta l’inesistenza della minorenne. I due coniugi (lui 42, lei 50anni), entrambi disoccupati, sono finiti in carcere.

Molestava ragazze, arrestato istruttore di guida

da TGCOM24

I carabinieri di Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, hanno arrestato un istruttore di una scuola guida per violenza sessuale nei confronti di 18 giovani trevigiane che partecipano ai corsi per conseguire la patente B. Le indagini sono iniziate dopo la denuncia di due ragazze che hanno riferito che, quando erano alla guida dell’auto, venivano molestate sessualmente dall’istruttore con atti che non lasciavano dubbi di interpretazione.

L’uomo, Valter Cunial, è un dipendente del Comune di Castellucco (Treviso): impiegato come autista comunale dello scuolabus di Castelcucco, la sua passione per il volante lo aveva portato a impegnarsi come istruttore di scuola guida. La denuncia di molestie sessuali a suo carico è arrivata da due ragazze di 19 anni fra maggio e giugno dello scorso anno. Da quanto si è appreso l’uomo, incensurato, avrebbe pianificato le guide con le sue allieve lungo percorsi poco trafficati e in luoghi piuttosto isolati. In seguito agli accertamenti si è scoperto che oltre alle due giovani c’erano altre sedici vittime delle violenze sessuale del 48enne.

Giallo sull’arresto di Fabrizio Corona L’ex re dei paparazzi preso a Lisbona

da tg24

Fabrizio Corona, l’ex agente dei paparazzi dei vip, si è costituito a Lisbona. Corona era latitante da venerdì dopo essersi sottratto, a Milano, a un provvedimento di arresto. L’indiscrezione emerge da fonti vicine alle indagini. Secondo la polizia italiana, investigatori della Squadra mobile erano in Portogallo da alcuni giorni, e stavano già sulle sue tracce. “Più che costituito si è arreso”, è il commento dei vertici milanesi della Questura.

L’ex fotografo, sentendosi ormai catturato, ha dato un appuntamento per consegnarsi agli agenti portoghesi, a cui si sono affiancati gli investigatori italiani, e lo ha fatto nella stazione ferroviaria metropolitana di Queluz. Corona durante l’arresto è apparso in preda a un evidente sconforto, era in lacrime. Sulle tracce del fuggitivo c’erano da giorni gli uomini della polizia di Milano e quelli dell’Interpol. Al fermo ha partecipato anche la polizia portoghese.L’arresto di Corona ha immediatamente cancellato le polemiche emerse nei giorni scorsi dopo la fuga. Gli inquirenti che coordinano le indagini hanno già telefonato agli investigatori milanesi per complimentarsi dell’operazione.Già da sabato la polizia sapeva che si trovava a Lisbona
Già da sabato gli investigatori avevano raccolto elementi utili sulla probabile presenza di Fabrizio Corona a Lisbona. A confermare l’ipotesi portoghese le indagini su alcuni amici del fuggitivo, che la scorsa notte sono sottoposti a controllo, anche presso le loro abitazioni.

Corona studiava da giorni la fuga, in auto non era solo
Era stata preparata almeno con due giorni di anticipo la fuga di Fabrizio Corona. E’ il sospetto degli inquirenti che, da Torino, hanno seguito le ricerche del fotografo. Sembra infatti che un collaboratore di Corona, il mercoledì precedente alla condanna, gli abbia comperato un Tom Tom per l’automobile usata per il viaggio. Corona non era solo nella fuga, ma era accompagnato da un uomo.

Criminalità organizzata: arrestato dalla Polizia il boss latitante Antonio Mennetta

da www.ansa.it

La polizia ha arrestato il boss latitante Antonio Mennetta, di 28 anni, ritenuto dagli investigatori il capo dei ‘girati’, il gruppo camorristico protagonista insieme con gli scissionisti della seconda faida di Scampia, si è arreso a Scafati, al confine tra le province di Napoli e Salerno, a circa a una ventina di agenti della Squadra catturandi della Questura di Napoli e del Servizio centrale operativo (Sco).

“Sono Antonio Mennetta”: queste le prime parole pronunciate quando è stato sorpreso dalle forze dell’ordine. Il blitz è scattato alle tre della scorsa notte. La villetta dove si nascondeva il latitante è stato circondata e l’intera area comprendente numerose abitazioni simili è stata interamente circoscritta dalla polizia. Vi erano, infatti, grosse possibilità di fuga e la polizia temeva che Mennetta potesse sfuggire alla cattura. Quando si è reso conto che non vi era più nulla da fare si è arreso e si è fatto ammanettare. Nella villetta di Scafati sono stati sorpresi dalla polizia anche due pregiudicati la cui posizione è all’esame degli investigatori.

Antonio Mennetta era già stato arrestato nello scorso mese di luglio e scarcerato poi dopo due giorni. I carabinieri gli notificarono un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per violazione delle prescrizioni sulla sorveglianza speciale. Fu sorpreso dai militari in una abitazione alla periferia di Napoli dove si era recato per incontrare moglie e figli. Per i pm è considerato un boss emergente del gruppo di Via Vanella Grassi, i cosiddetti ‘girati’ che si oppongono al clan degli scissionisti di Scampia per il controllo delle piazze di spaccio di Secondigliano. Ma nel luglio scorso il gip valutò non sufficienti gli elementi a carico di Mennetta.

Mennetta, considerato personaggio di rilievo della camorra napoletana, era ricercato dallo scorso mese di settembre per associazione a delinquere ed omicidio. Con l’arresto di Mennetta restano due soli latitanti ricercati per la faida di Scampia. La cattura dei cinque personaggi considerati responsabili della faida è uno degli obiettivi del gruppo di lavoro, costituito dopo l’omicidio di Pasquale Romano (il giovane ucciso per sbaglio lo scorso ottobre a Napoli), dagli uomini del servizio centrale operativo della Polizia di Stato (Sco) e da quelli della squadra mobile di Napoli.

All’appello dei cinque wanted mancano Mario Riccio e Marco Di Lauro, figlio di Paolo, capo storico dell’omonimo clan. In manette sono già finiti Mariano Abete, e Rosario Guarino, detto Joe Banana.

Arrestato Antonio Zagaria, fratello del boss Michele

da Polizia di Stato

Erano specializzati nell’estorcere denaro agli imprenditori che  entravano nella loro rete e non ne uscivano più.

La Squadra mobile Caserta, con l’ausilio degli uomini del Reparto prevenzione crimine ha arrestato Antonio Zagaria, ritenuto dagli investigatori  l’erede al trono del clan lasciato dal fratello, il boss Michele, elemento di primo livello dei Casalesi, arrestato il 7 dicembre dello scorso anno  dopo una latitanza di oltre 16 anni. Insieme a lui è finito in carcere anche suo cugino Filippo Capalbo.

Entrambi sono tutti accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso per aver agito al fine di agevolare l’organizzazione di stampo mafioso del  clan dei Casalesi, gruppo Zagaria.

L’indagine, denominata “Thunderball 2”, ha permesso di fare luce su due episodi estorsivi di cui era stato vittima un imprenditore casertano, posti  in essere dai due criminali arrestati.

La vittima aveva preso dei soldi in prestito dalla famiglia e, avendo avuto difficoltà nel pagare le somme pretese a titolo di interessi  usurari, la obbligarono, sotto minaccia di morte, a estinguere il debito anche sottoscrivendo cambiali per oltre 150 milioni delle vecchie lire e  svendendo alcuni beni strumentali e attrezzature di sua proprietà.

Antonio Zagaria e Filippo Capalbo sarebbero stati, insieme agli altri due fratelli del boss Carmine, Pasquale (entrambi già in carcere), i  protagonisti anche del secondo episodio estorsivo nel quale lo stesso imprenditore fu costretto a “ripulire” 500 milioni di lire del clan. L’uomo  fu obbligato a restituire una somma, ricevuta a titolo di caparra per un affare non andato a buon fine, suddivisa in contanti e assegni di importo  inferiore ai 20 milioni, anziché con bonifico postale, modalità con cui l’aveva ricevuta.

Anche in questo caso gli arrestati furono autori delle minacce di morte e percosse che “convinsero” la vittima a versare la somma secondo le  modalità pretese.

L’indagine degli investigatori, che ha accertato il passaggio di alcune di quelle tranches di denaro proprio nelle mani dei membri del clan, si  inserisce nel contesto dell’operazione “Thunderball” che il 3 ottobre scorso portò all’arresto di sei esponenti del clan Zagaria, sempre per  reati di estorsione.

Banconote quasi vere, arrestato falsario

da Polizia di Stato

Aveva allestito una vera e propria zecca clandestina nel suo  appartamento, all’interno quale stampava banconote quasi perfette, che anche un occhio esperto aveva difficoltà a distinguere.

Gli agenti del commissariato milanese Garibaldi-Venezia hanno arrestato il truffatore mentre era ancora all’opera nel suo laboratorio. L’accusa nei  suoi confronti è di falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato di euro contraffatti.

Si tratta di un 57enne siciliano con precedenti per  reati analoghi. Nel suo appartamento sono state trovate banconote già “confezionate” e macchinari professionali per la realizzazione del  denaro.

In particolare gli agenti hanno trovato alcune matrici in magnesio, lampade per la trasmissione delle sfumature di colore, carta filigranata,  stampanti fotografiche di altissimo valore e una pressa capace di imprimere l’ologramma a caldo sulla banconota finita. Il tutto realizzato con  software professionali di computer grafica.

L’arresto è frutto di un’indagine “vecchio stile” partita da un’operazione legata alla ricerca di armi clandestine durante la quale un  confidente aveva rivelato l’esistenza di questo falsario di particolare bravura che agiva nella zona di Pavia.

La successiva attività degli investigatori, fatta di appostamenti e pedinamenti, ha permesso di individuare l’uomo e di conseguenza il suo  appartamento e un capannone in zona Casarile.

La qualità del lavoro era così elevata che anche le macchine di alcuni distributori automatici di carburante, che normalmente  riconoscono le banconote false, le prendevano per buone.

Nell’appartamento sono state sequestrati circa 9mila euro di banconote, probabilmente false; lo si saprà con sicurezza dopo gli accertamenti  della polizia scientifica

Trucco della “gomma forata”: arrestato il ladro dei parcheggi

da Polizia di Stato

Il trucco della “gomma forata” è vecchio ma ancora efficace.

Il ladro fora la gomma di un’auto nel parcheggio di un centro commerciale o di un negozio. Quando il proprietario al suo ritorno trova la gomma a terra si preoccupa di cambiarla, lasciando incustoditi all’interno dell’auto sia la merce appena comprata che borse e borselli con portafogli, cellulari e altri oggetti di valore. E mentre l’ignara vittima è intenta a sostituire la ruota, di solito l’anteriore destra, il ladro apre la portiera e arraffa tutto ciò che può.

Dopo un’indagine svolta dalla Squadra mobile di Lucca, gli agenti hanno arrestato R.B., un algerino di 46 anni già noto alle forze dell’ordine. Il magrebino infatti in precedenza era stato arrestato per altri furti commessi con lo stesso modus operandi in altre province della fascia costiera toscana.

Nel mese scorso alcuni cittadini avevano denunciato di essere stati derubati proprio in quel modo, e un paio di loro avevano anche dato una descrizione di un uomo che avevano notato aggirarsi intorno alla propria macchina, poco prima di subire i furti.

Gli investigatori hanno analizzato le foto segnaletiche di tutti i criminali già arrestati per fatti analoghi, individuandone uno, residente a Livorno, molto somigliante alle descrizioni fatte dai testimoni.

I poliziotti hanno cominciato a pedinarlo, notando che ogni giorno si spostava sulla fascia costiera. In poco tempo l’uomo è caduto in trappola e durante un pedinamento ha tentato l’ennesimo colpo: si è avvicinato ad una macchina parcheggiata davanti ad un centro commerciale di Rosignano Marittimo e ne ha forato uno pneumatico.

Gli agenti lo hanno subito bloccato e arrestato, sequestrandogli cinque coltellini idonei a forare le gomme e una pistola giocattolo priva del tappo rosso. Fermata anche la complice che fungeva da palo, una livornese di 51 anni incensurata, denunciata in stato di libertà.

Gli investigatori stanno ancora indagando per trovare il nesso tra l’algerino arrestato, al quale sono attribuiti almeno 4 colpi eseguiti a Lucca, e altri furti portati a termine con lo stesso modus operandi nelle zone di Massarosa, La Spezia, Pisa e Massa. Si cercano inoltre altre persone che si sono probabilmente alternate al suo fianco durante gli altri colpi.