Sul caso Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako espulsa dall’Italia, si muove la procura di Roma che non esclude una rogatoria internazionale con il Kazakistan per interrogare la donna. L’ipotesi istruttoria e’ al vaglio dei magistrati.
Il capo della procura di Roma, Giuseppe Pignatone, e il pm Eugenio Albamonte hanno acquisito la relazione del capo della polizia Alessandro Pansa in cui viene ricostruita la vicenda dell’espulsione della Shalabayeva e della figlia. Il dossier verra’ inserito nel procedimento che la procura ha aperto da tempo sul conto della consorte del dissidente kazako per i reati di ‘possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi’ e di ‘ricettazione’.
I magistrati valuteranno ora i contenuti della relazione Pansa anche per individuare eventuali profili di reato e decidere le prossime mosse istruttorie. Non si esclude che possano essere sentiti, alla luce di quanto scritto nel dossier, quei protagonisti della vicenda che sono finiti in cattiva luce. Cosi’ come potrebbe essere ascoltato il giudice di pace per capire se e’ vero o no che Alma Shalabayeva abbia mai rappresentato il diritto all’asilo politico. Quanto alla documentazione contraffatta esibita dalla donna, che avrebbe presentato un passaporto della Repubblica centrafricana ‘taroccato’, la procura sta studiando l’ipotesi di una rogatoria internazionale benche’ non ci sia un trattato di assistenza bilaterale tra l’Italia e quel Paese. A tal fine, la procura ha gia’ attivato la Farnesina per capire quale canale diplomatico si possa utilizzare per approfondire questo aspetto.
Eni: noi estranei alla vicenda
PANSA, FIGLIA NON ESPULSA; L’HA VOLUTA LA MADRE
Non e’ stata espulsa la piccola Alua, figlia di Muchtar Ablyazov e Alma Shalabayeva, perche’ “la legge italiana lo vieta”, ma e’ stata la madre a volerla con se’ rifutandosi di affidarla a qualcuno. Lo ha chiarito il capo della polizia Alessandro Pansa, durante un’audizione in commissione diritti umani del Senato in merito al caso Shalabayeva. “La bambina non e’ stata espulsa – ha detto Pansa – perche’ e’ vietata espulsione minori in Italia, a meno che non vada al seguito dei genitori, come in questa circostanza. A Ciampino la signora nonostante gli fosse stato chiesto di lasciare la figlia alla sorella, o a qualcun altro di sua fiducia, ha voluto che le fosse consegnata”. Pansa ha inoltre sottolineato che la Shalabayeva “non ha mai fatto richiesta di asilo, e neanche gli avvocati, che potevano andare all’ufficio immigrazione che accoglie sempre i legali”.
PANSA: ALFANO E BONINO NON INFORMATI PRIMA DEL 1 GIUGNO
“A me non risulta che prima del giorno primo giugno il ministro Alfano o il ministro Bonino sapessero dell’espulsione della signora”, ha ribadito il capo della Polizia. “Ho fatto accertamenti su questo – ha aggiunto Pansa – dal gabinetto del ministro sono state fornite informazioni solo sulla ricerca del latitante, non e’ stata fornita, per distrazione o per errore, l’informazione dell’espulsione della signora”.
PANSA: SHALABAYEVA NON CI DISSE CHE AVEVA PERMESSO DI SOGGIORNO
Pansa ha sottolineato, inoltre, che la Shalabeya “non ci risultava avesse un permesso di soggiorno lettone: in sede di ricorso amministrativo il 28 giugno vi e’ una dichiarazione che lei possiede un permesso di soggiorno con visto Schengen, ma lei questo non lo ha mai dichiarato”. “Fatto strano – ha aggiunto Pansa – e’ che quando e’ stata condotta in questura insieme al cognato, anche lui ritenuto irregolare, e venivano sottoposti al prelievo impronte, il cognato ha detto io ho un permesso di soggiorno. Lo ha preso a casa, portato in questura, e dimostrato che era in regola. A questa scena ha assistito la signora Shalabayeva, che pero’ non ha ritenuto di doverlo dire”. Pansa ha ammesso che alcuni aspetti della vicenda non stati gestiti correttamente, a partire dalla “massiccia” presenza delle autorita’ kazake negli uffici della polizia. “Per tutti i tre giorni, nell’arco di tutta l’attivita’ svolta, c’e’ stata una presenza massiccia e prolungata negli uffici di polizia di autorita’ kazake, e questo era il difetto per cui la vicenda non e’ stata gestita correttamente”, ha affermato. “Ho stigmatizzato questi comportamenti, sono una disfunzione del sistema, addebitabile a una superficialita’ nella gestione della vicenda, ma il dato essenziale e’ che in nessun momento nessuno, compresi gli avvocati, ha detto ‘guardate che il marito della signora e’ un perseguitato politico’. Noi purtroppo non lo sapevamo”. .