Donazioni di sangue: le date di marzo

Anche nel mese di marzo continua l’attività di raccolta sangue dell’Associazione donatori e volontari personale della Polizia di Stato. L’invito a donare è rivolto a tutti i cittadini in buona salute e di età compresa tra i 18 e i 65 anni. Per poter donare il sangue è necessario avere un peso corporeo non inferiore ai 50 chili e recarsi al prelievo a digiuno ma è possibile bere un caffè, un tè o un succo di frutta. Non è consentito ingerire latte e derivati.

Gli appuntamenti di marzo prevedono le città di Roma, Agrigento, Avellino, Genova, Napoli, Milano e Imperia:

ROMA
♦ VENERDÌ 4 MARZO
CASTRO PRETORIO
Via del Castro Pretorio, 5

♦ VENERDÌ 11 MARZO
ISTITUTO SPIRITO SANTO DELLE FIGLIE DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI BUENOS AIRES
Via asinio Pollione, 5

♦ VENERDÌ 18 MARZO
POlO ANTICRIMINE TUSCOLANO
Via tuscolana 1550

♦ VENERDÌ 18 MARZO
ISTITUTO PER ISPETTORI DI POLIZIA DI STATO
Via santa BarBara, 94 nettuno

AGRIGENTO
♦ DA LUNEDÌ AL SABATO
OSPEDALE SAN GIOVANNI DI DIO CENTRO TRASFUSIONALE
Contrada Consolida

AVELLINO
♦ MARTEDÌ 8 E DOMENICA 20 MARZO
OSPEDALE “MOSCATI” CENTRO TRASFUSIONALE
Contrada Amoretta

GENOVA
♦ MARTEDÌ 1 MARZO
VI REPARTO MOBILE
Via sardorella, 57 Bolzaneto

♦ VENERDÌ 18 MARZO
QUESTURA DI GENOVA
Via armando diaz, 2 lato Caravelle

NAPOLI
♦ VENERDÌ 18 MARZO
OSPEDALE “FONDAZIONE G. PASCALE” CENTRO TRASFUSIONALE
Via C. dei Cangiani, 1

MIlANO
♦ DAL LUNEDÌ AL SABATO
IRCCS OSPEDALE SAN RAFFAELE SERVIZIO DI IMMUNOEMATOLOGIA E MEDICINA TRASFUSIONALE
Via olgettina, 60
Lunedì: 8.00/12.00 e 13.30/15.30; dal Martedì al Giovedì: 8.00/13.00; Venerdì: 8.00/13.00 e Sabato: 8.00/11.00

♦ DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ
OSPEDALE SAN CARlO
Via Pio ii, 3
ore 8.00/10.30 (il sabato su Prenotazione)

IMPERIA
♦ TUTTI I GIORNI DI MARZO
OSPEDALE DI IMPERIA AZIENDA usl
CENTRO TRASFUSIONALE
Via sant’agata, 31
ore 8.00/12.00

di Umberto Buzzoni

Il “caso” Regeni

E’ trascorso quasi un mese da quando Giulio Regeni, il 28enne ricercatore friulano scomparso la notte del 25 gennaio a Il Cairo, fu ritrovato privo di vita ai margini dell’autostrada, alla periferia della capitale egiziana: il corpo martoriato da atroci segni di tortura.

Un mese che non è stato sufficiente per fare un minimo di chiarezza su questo orrendo crimine; anzi, più passa il tempo, più il mistero si infittisce, anche a causa dell’ambiguo comportamento e delle “verità nascoste” delle autorità egiziane.

Circa il movente, infatti, sono ben cinque le diverse tesi sostenute in ordine di tempo dagli investigatori del Cairo: incidente stradale, rapina, omicidio a sfondo sessuale, uccisione per mano di spie dei Fratelli Mussulmani per creare imbarazzo al governo di  Al Sisi, vendetta privata connessa con il mondo della droga. Come se non bastasse, quindi, ora si tenta addirittura di gettare fango sulla vita privata del povero Regeni, nel tentativo ignobile di collegarlo allo spaccio e consumo di stupefacenti, tanto che già si vocifera dell’imminente arresto di uno spacciatore che bazzicava nel quartiere di al Dokki, dove il ricercatore viveva.

Menzogne su menzogne! Le uniche verità sembrano provenire dalla Procura di Roma: “Giulio Regeni frequentava persone del mondo universitario, non faceva uso di droghe (lo confermano i primi esiti degli esami tossicologici), conduceva una vita piuttosto ritirata al Cairo, non aveva contatti con persone equivoche, non aveva rapporti con servizi segreti italiani o stranieri. Giulio Regeni è stato ucciso da professionisti della tortura, persone esperte in crudeltà, per motivi legati al suo lavoro di ricerca”.

A questo punto, per sperare che si faccia luce sulla vicenda, non possiamo che affidarci all’inchiesta della procura capitolina; del resto, la cooperazione tra gli apparati di sicurezza egiziani ed il nostro team investigativo (Sco, Ros e Interpol), presente in loco sin dal 5 febbraio, è del tutto inesistente, se si considera che gli investigatori italiani non hanno possibilità di accesso ai documenti sonori e filmati, ai reperti medici, agli atti dell’inchiesta in possesso della Procura di Giza. Tra l’altro, nulla di quanto richiesto con una rogatoria ufficiale inviata da oltre dieci giorni per via consolare, è stato consegnato.

I pm romani, che, come sottolineato, in base agli elementi finora raccolti escludono tutte le ipotesi sul possibile movente fatte filtrare dall’Egitto, ora puntano ad avere il maggior numero possibile di dettagli sulla vita privata di Giulio Regeni. In questo contesto  sono state inoltrate richieste ai responsabili dei più diffusi social network, al fine di ottenere informazioni e password di alcuni profili del giovane ricercatore. Attraverso l’accesso a tali profili, infatti, si potrebbero acquisire ulteriori notizie sulla sua attività e le relazioni che intratteneva in Egitto ed altrove. Gli inquirenti ritengono, inoltre, che di rilevante importanza  sarebbe l’acquisizione dei dati relativi ai dispositivi gps collegati al telefono cellulare attraverso i social, telefono mai ritrovato dopo la scomparsa del Regeni.

Intanto, dovrebbe essere imminente il deposito della relazione completa sull’esame autoptico, effettuato dal professore Vittorio Fineschi dopo che la salma era stata riportata in Italia. Dalle prime indiscrezioni, pare che il povero Giulio abbia subito una tortura brutalmente metodica, che si è prolungata per sette lunghi giorni. La morte, infatti, sarebbe avvenuta non prima del 31 gennaio, in seguito a protratte sevizie.

Sul fronte politico-istituzionale, da registrare la dura presa di posizione da parte del ministro degli esteri Paolo Gentiloni, il quale, dopo l’ultima farneticante ricostruzione  fornita dal ministro dell’interno egiziano, così ha dichiarato: “Voglio essere chiaro ancora una volta, non ci accontenteremo di verità di comodo, tantomeno di piste improbabili come quelle che ho sentito evocare dal Cairo. Su questa vicenda, l’Italia semplicemente chiede a un Paese alleato la verità e la punizione dei colpevoli…pretendiamo e pretenderemo la verità: credo che lo dobbiamo alla famiglia e alla dignità del nostro Paese”.

Pier Ferdinando Casini, Presidente della Commissione Esteri al Senato, dopo aver premesso “Le torture inflitte a Giulio Regeni possono essere motivate solo da un gigantesco fraintendimento di chi ha ritenuto che avesse collegamenti con aree che cospiravano contro la sicurezza nazionale; ma questa è una palese sciocchezza: Regeni non era una spia, era uno studioso attento che agiva in un versante di società civile naturalmente scottante”, ha sottolineato “Chiediamo la verità sul caso Regeni non solo per la sua famiglia, colpita in modo indelebile, ma anche in nome del decoro e della nostra dignità nazionale”.

Amnesty Italia ha lanciato una campagna con l’hashtag: #verità per giulioregeni. “L’Egitto deve dare una risposta chiara all’Italia sul suo assassinio al Cairo. Non ci accontenteremo di niente di meno della verità: in quel paese, che sta subendo una pesante ondata repressiva e dove si stanno moltiplicando i casi di arresti arbitrari, sparizioni e violenze di natura politica, purtroppo la tortura è una prassi ancora molto utilizzata. Le nostre istituzioni non possono accettare risposte posticce. Lotteremo”. Così promette l’appello fatto firmare alcuni giorni fa agli studenti di scuole e università, nelle piazze e nei luoghi di cultura “finchè non sapremo come è morto Giulio”.

Di fronte all’ultima paradossale e grottesca ricostruzione fornita dalle autorità del Cairo, forte è stata anche l’indignazione della famiglia di Giulio Regeni: “Non accettiamo alcun tentativo di infangare la memoria di Giulio. Faremo tutto quanto nelle nostre possibilità per giungere al pieno accertamento della verità e reagiremo ai tentativi di depistaggio da dovunque provengano”.

di Umberto Buzzoni

In memoria di Rosario Sanarico

E’ il pomeriggio di venerdì 19 febbraio; alcuni sommozzatori della Polizia di Stato stanno scandagliando le acque limacciose del fiume Brenta, in località Noventa Padovana, vicino alla chiusa di Stra, alla ricerca del cadavere di Isabella Noventa, la 55enne padovana scomparsa da circa un mese. E’ qui, infatti, che il suo ex fidanzato, il ballerino Freddy Sorgato, per sua stessa ammissione, nella notte del 16 gennaio scorso, dopo aver ucciso la donna, avrebbe gettato il corpo.

Per i sub della Polizia di Stato, di grandissima professionalità ed abituati ad affrontare il rischio, è normale routine; inoltre, il poliziotto che sta effettuando l’immersione è uno dei sommozzatori più qualificati: è Rosario Sanarico, da tutti chiamato affettuosamente “Sasà”, 52enne, Ispettore Superiore in forza al Centro Nautico e Sommozzatori di La Spezia, con un’esperienza trentennale nelle immersioni. Questa volta, però, accade l’imprevedibile, qualcosa non va per il verso giusto: dopo alcune ore di immersione, Rosario Sanarico rimane incastrato sul fondale del Brenta. I soccorritori impiegano 45 minuti per riportarlo in superficie. Sono attimi concitati, di grande tensione: il primo tentativo di rianimazione sul posto, l’arrivo delle autoambulanze, la corsa verso l’ospedale civile di Padova, il nuovo tentativo di rianimazione. Tutto inutile, il destino di Sasà è drammaticamente segnato: a distanza di alcune ore, il cuore dell’eroico sommozzatore cessa di battere a causa dell’asfissia prolungata.

E’ così che è volato via “Sasà”, il gigante buono del CNeS di La Spezia, eroe silenzioso, lasciando nello sconforto più totale parenti, amici e colleghi, ma soprattutto la moglie Antonella e i figli Alessio ed Annavera, rispettivamente di anni 7 e 26. L’Ispettore Superiore Rosario Sanarico era nato a Napoli il 10 ottobre 1963; entrato nella Polizia di Stato non ancora ventenne, nel 1984 era stato assegnato al Centro Nautico e Sommozzatori di La Spezia, dove aveva conseguito una lunga serie di abilitazioni professionali, che lo avevano portato ad assumere incarichi di crescente importanza nel Nucleo Sommozzatori.

Noto per la sua generosità e lealtà, oltre che per le spiccate qualità professionali, aveva svolto numerosi interventi in condizioni estremamente difficili, tra i quali, ad esempio, i soccorsi in occasione del naufragio della Costa Concordia. Il suo curriculum professionale vanta anche molti riconoscimenti ottenuti per l’attività svolta, tra cui l’Attestato di Pubblica Benemerenza “come testimonianza per l’opera e l’impegno prestato in interventi di protezione civile”.

Numerose le espressioni di cordoglio. Il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha inviato un telegramma al Capo della Polizia, nel quale, tra l’altro, si legge “Un pensiero commosso alla famiglia dell’Ispettore Superiore Sanarico e alla Polizia di Stato. Ancora una volta la dedizione e l’impegno delle Forze dell’Ordine non conosce limiti, anche a sacrificio della propria vita”. Il Capo della Polizia, Alessandro Pansa, che conosceva personalmente il povero Rosario Sanarico, così lo ha ricordato: “Sono particolarmente colpito da ciò che è accaduto. E’ morto un operatore di grandissima professionalità; ho condiviso con lui la mia passione di subacqueo, ho fatto molte immersioni anche con l’ispettore che io chiamo ancora Sasà. Era un uomo molto generoso e bravo che, probabilmente, confidando nella sua bravura, ha messo a rischio la sua vita per il suo lavoro, per la sua divisa nella quale credeva profondamente”.

Il Questore di Padova, Gianfranco Bernabei, ha sottolineato: “La Polizia di Stato piange un suo grande eroe, un gigante buono con esperienza trentennale che si era offerto volontario con il suo consueto impegno e la forte motivazione che lo contraddistingueva, per partecipare alle ricerche del cadavere di Isabella Noventa, alla guida dei suoi uomini del Centro Nautico e Sommozzatori della Polizia di Stato di La Spezia. Un grande esempio del senso dello Stato e di dedizione al dovere che lo ha spinto a sacrificare la sua stessa vita. Siamo stretti intorno alla moglie Antonella e ai figli Alessio e Annavera in questo momento di grande dolore”.

Il Sindaco di La Spezia, Massimo Federici, ha deciso di proclamare per oggi, giorno delle esequie in forma solenne, il lutto cittadino. “La città di La Spezia – si legge in una nota dell’Amministrazione Comunale” – si stringe attorno alla famiglia e ai colleghi dell’ispettore Rosario Sanarico, partecipando alla grande commozione che la morte dell’ispettore del Cnes ha suscitato nella comunità e nell’intero Paese”. Il feretro di Rosario Sanarico, partito da Padova scortato da un equipaggio della Squadra Volante della Questura e da una pattuglia della Polizia Stradale del capoluogo veneto, è giunto nella camera ardente allestita nella Cappella del Centro Nautico e Sommozzatori della Polizia di Stato a La Spezia.

Come detto, oggi, alle ore 16.00, si terranno i funerali in forma solenne, alla presenza del Vice Capo Vicario della Polizia, Prefetto Luigi Savina, nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo a Pegazzano (La Spezia).

Addio Ispettore Superiore Rosario Sanarico, addio “Sasà”, amato figlio della Polizia di Stato, amato figlio di un Italia che ti sarà sempre grata per la tua nobiltà d’animo, per il tuo altruismo, per la tua generosità, per la tua dedizione al dovere e per il tuo spirito di sacrificio espressi fino alle estreme conseguenze.

Direttore Umberto Buzzoni

Ancora una storia di “ordinaria corruzione” in Lombardia: 21 arresti per appalti truccati

Tutto cominciò in un freddo mattino del 17 febbraio 1992, quando un giovane sostituto della Procura di Milano, Antonio Di Pietro, fece “scattare” le manette ai polsi dell’ingegnere Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, nonché esponente di spicco del Partito Socialista Italiano, con l’ambizione di diventare sindaco di Milano. Lo arrestarono dopo che aveva appena intascato una “bustarella” di sette milioni di lire (la metà del pattuito) dal proprietario di una piccola azienda di pulizie che, come altri fornitori, era costretto a versare il suo obolo per aggiudicarsi un appalto. Dopo un’iniziale reticenza, l’accusato, sotto interrogatorio, rivelò la diffusione capillare del sistema delle tangenti, a beneficiare del quale erano politici e partiti di ogni colore, specialmente quelli al governo. E’ così che nasce ufficialmente “mani pulite” o “tangentopoli” che dir si voglia.

Dopo la vicenda di Mario Chiesa, un fiume in piena inondò tutta la penisola: un insieme di inchieste che portarono alla luce un sistema di corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti ai livelli più alti del mondo politico e finanziario italiano. Centinaia furono gli arresti tra i personaggi più in vista del mondo economico e politico, e tutto ciò portò alla crisi, e addirittura alla scomparsa, di alcuni tra i maggiori partiti politici dell’epoca, tanto da far parlare del passaggio ad una “Seconda Repubblica”. La società civile, quella “buona”, quella che gronda sudore per portare a fine giornata il pane a casa, all’inizio smarrita e scioccata, cominciò a parteggiare in modo sempre più appariscente per i magistrati che conducevano le inchieste, osannandoli come eroi, manifestando, nel contempo, disgusto e indignazione verso quella classe dirigente corrotta. Con “mani pulite” tutti ci sentimmo sollevati e gratificati: pensavamo di esserci finalmente liberati da quel cancro del malaffare, le cui metastasi si erano estese alla maggior parte delle istituzioni pubbliche.

Nulla di più sbagliato ed illusorio! Numerose altre inchieste poi succedutesi nel tempo hanno drammaticamente dimostrato che quel cancro non è stato mai estirpato, anzi, con molta probabilità, è diventato ancor più vorace. Solo a titolo di esempio, tra le ultime vicende in ordine di tempo ricordiamo le tangenti per il Mose (il sistema di dighe veneziano), le tangenti Expo (che hanno riguardato le gare di appalto per la realizzazione degli spazi nell’esposizione universale di Milano), quelle alla marina militare di Taranto, quelle relative alla manutenzione stradale dell’Anas e l’inchiesta nota come “Mafia Capitale”, nome con cui viene indicata una presunta associazione per delinquere di tipo mafioso-politico-imprenditoriale, che operava a Roma a partire dal 2000 circa.

Non a caso, in fatto di corruzione, occupiamo il 61° posto su 168 Paesi nel mondo, con un voto di 44 su 100. E’ questo il dato che emerge dal nuovo Indice di percezione della corruzione (CPI) di Transparency International, appena presentato a Roma presso la sede di Unioncamere. A livello europeo, inoltre, ci troviamo in fondo alla classifica, seguiti solamente dalla Bulgaria e dietro ad altri Paesi generalmente considerati molto corrotti, come Romania e Grecia, entrambi in 58° posizione (nel mondo) con un punteggio di 46. In verità qualcosa di positivo comincia ad intravedersi: rispetto all’anno scorso, quando eravamo al 69° posto nella classifica mondiale ed addirittura il Paese europeo più corrotto, qualche posizione l’abbiamo recuperata!

Ma eccoci alla cronaca di oggi: ancora arresti nella Sanità lombarda. Di nuovo imprenditori e politici accusati di corruzione, dopo gli scandali San Raffaele e Maugeri, ai tempi dell’allora giunta guidata da Roberto Formigoni. Questa volta, un’inchiesta denominata “Smile”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Monza, ha consentito di ricostruire come un gruppo imprenditoriale avrebbe turbato in proprio favore l’aggiudicazione di una serie di appalti pubblici banditi da diverse aziende ospedaliere, per la gestione, in outsourcing, di servizi odontoiatrici, corrompendo i funzionari preposti alla gestione delle gare. Le indagini, avviate nel 2013, parlano di un giro di affari di oltre 400 milioni di euro.

Sono 21 le ordinanze di custodia cautelare (9 in carcere, 7 ai domiciliari e 5 con obbligo di firma) emesse dal gip presso il tribunale di Monza, che i carabinieri del Comando Provinciale di Milano hanno cominciato ad eseguire dalla mattinata di martedì 16. Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbata libertà degli incanti e riciclaggio. Molti i nomi eccellenti tra gli indagati, tra i quali spicca quello di Fabio Rizzi, ex senatore della Lega Nord, presidente della Commissione Regionale Sanità, “padre” della riforma della sanità lombarda approvata lo scorso agosto, nonché vero e proprio braccio destro del governatore Roberto Maroni. A quanto si è appreso, Rizzi sarebbe stato arrestato e condotto in carcere, mentre sua moglie, pure coinvolta nell’inchiesta, pare sia stata posta ai domiciliari.

Tra gli arrestati anche Valentino Longo, imprenditore vicino allo stesso Rizzi, e sua moglie, posta ai domiciliari. Alle mogli di Rizzi e Longo era intestato il 50% delle quote di società odontoiatriche aperte insieme all’imprenditrice 55enne Maria Paola Canegrati, anche lei arrestata, definita dalla Procura di Monza la “principale indagata nell’inchiesta”. Vedremo quali saranno gli sviluppi dell’inchiesta, in attesa del prossimo “scandalo” che di certo non tarderà a balzare agli onori della cronaca, in quest’Italia martoriata dalla corruzione, i cui effetti sono devastanti per l’economia, ed in cui il pericolo più serio per la collettività è una rassegnata assuefazione al malaffare, visto come male senza rimedi.

di Umberto Buzzoni

Il trasferimento del Sovrintendente Capo Giuseppe Coppola dal Commissariato Appio alla Polaria dell’Aeroporto di Ciampino

Da oggi il Sovrintendente Capo Giuseppe Coppola presterà servizio nella Polizia di frontiera aerea (Polaria) dell’Aeroporto di Ciampino dopo aver lavorato per ben quindici anni a Roma nel Commissariato Appio di Via Botero dedicandosi con professionalità e costanza alla lotta contro lo Stalking.

Sottoufficiale di grande prestigio e che può vantare una carriera di 26 anni in Polizia, grazie al lavoro svolto anche in Piemonte, a Pisa e a Roma nel Commissariato Tuscolano, il Sovrintendente Capo Giuseppe Coppola si occuperà di vigilare sulla sicurezza aeroportuale, prevenendo ogni violazione di legge in un processo di controllo e prevenzione al fine di scongiurare anche eventuali attacchi terroristici.

Il nostro più sentito ringraziamento per il lavoro svolto accompagnato da un sincero augurio di eccellere anche in questa nuova esperienza.

Direttore Umberto Buzzoni

Il questore di Milano Luigi Savina è stato nominato vice capo della Polizia

Il questore di Milano, Luigi Savina, è stato nominato vice capo vicario della Polizia sostituendo il prefetto Alessandro Marangoni che era stato nominato prefetto di Milano il 3 dicembre 2015.

Dalla sua entrata in Polizia nel 1980 ha ricoperto ruoli delicatissimi soprattutto nel settore della polizia giudiziaria prestando servizio nelle Squadre mobili di Pescara, Venezia, Palermo e Milano, lavorando a Roma nel Servizio centrale operativo e a Napoli come dirigente del Centro interprovinciale di polizia criminale Campania-Molise. Come questore ha diretto anche le questure di Terni, Ferrara, Padova, Cagliari e nel 2000 è stato anche a capo del contingente della Polizia di Stato Italiana in Albania.

di Umberto Buzzoni

La campagna della Polizia di Stato “Una vita da social” fa tappa in Francia

La campagna itinerante della Polizia di StatoUna vita da social“, organizzata e curata dalla Polizia postale e delle comunicazioni, quest’anno ha fatto tappa anche oltre il confine italiano di Ventimiglia. Il truck, con a bordo gli operatori della Postale, infatti è arrivato in Francia a Mentone dopo gli incontri in diverse località liguri.

Questo progetto dedicato agli studenti, insegnanti e genitori per sensibilizzarli sui pericoli dell’utilizzo della Rete è co-finanziato dalla Commissione Europea e nel corso delle due precedenti edizioni ha registrato incontri con circa 150 mila studenti, 25 mila genitori e quasi 11 mila insegnanti.

Giorgio Bacilieri, dirigente del Compartimento polizia postale e delle comunicazioni di Genova, ha commentato “Quest’anno si è pensato di coinvolgere anche i giovani nativi digitali di Mentone, accomunati a quelli italiani da un utilizzo massiccio e, a volte, troppo spregiudicato dei social network. Siamo certi ha che in questa giornata di confronto internazionale ciascuno riuscirà ad accrescere ulteriormente le proprie esperienze.”

di Umberto Buzzoni

Avvolta nel mistero la morte di Giulio Regeni

Mistero profondo sulla morte di Giulio Regeni, il 28enne ricercatore friulano scomparso la notte del 25 gennaio a Il Cairo e ritrovato privo di vita il 3 febbraio, ai margini dell’autostrada, alla periferia della capitale egiziana. Le notizie fornite dalle autorità egiziane sono confuse e contraddittorie: l’ambasciatore egiziano a Roma, Amr Mostafa Kamal Helmy, fa espresso riferimento ad un “atto criminale”, pur non precisandone natura e dettagli; il Direttore dell’Amministrazione Generale delle Indagini di Giza, generale Khaled Shalabi, di contro, sostiene che non ci sono sospetti tali da poter attribuire la morte del giovane a fatti criminali, in quanto le indagini sinora svolte fanno propendere per un “incidente stradale”.

Sta di fatto, però, che, da quanto emerso dai primi risultati dell’esame autoptico, la morte del ricercatore universitario sarebbe stata provocata da un forte colpo alla testa inferto da un corpo contundente. Inoltre, numerose sono le ferite presenti in varie parti del corpo, diverse delle quali attribuibili a bruciature di sigaretta e tagli da coltello, il che porta a ritenere che il giovane sia stato prima torturato per poi andare incontro ad un’atroce e lenta morte. La notizia è confermata anche da uno dei quotidiani egiziani più filo-governativi, cosa che sconfessa definitivamente il presunto “incidente stradale” prefigurato dal generale della Polizia Khaled Shalabi. A propendere per l’omicidio è anche la Procura del Cairo, che, oltre alle ferite di cui sopra, parla, altresì, di “contusioni attorno agli occhi, come fossero il risultato di pugni”.

Proprio a causa delle evidenti contraddizioni nelle diverse versioni dei fatti, sono intervenute le massime autorità politiche italiane (Presidente della Repubblica e Capo del Governo), chiedendo con forza chiarezza sul decesso di Giulio Regeni, in particolare che sia fatta piena luce “sulla preoccupante dinamica degli avvenimenti, consentendo di assicurare alla giustizia i responsabili di un crimine così efferato, che non può rimanere impunito”. Intanto, le autorità egiziane, che hanno assicurato il massimo impegno nelle indagini e la massima collaborazione con le istituzioni del nostro Paese, hanno consegnato il corpo all’ospedale italianoUmberto I” del Cairo. Fin qui le ultime notizie; ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire chi era Giulio Regeni, il perché della sua presenza in Egitto ed il possibile movente del suo omicidio.

Nato 28 anni fa a Fiumicello in provincia di Udine, Giulio viene descritto come “il figlio che tutti vorrebbero”, un ragazzo serio, intelligente, dalle grandi capacità. Una bella persona, un giovane determinato ma solidale, conoscitore del mondo ed appassionato di Medio Oriente. Dai 12 ai 14 anni era stato sindaco dei ragazzi del suo comune, che poi aveva lasciato per recarsi a Trieste, ove aveva frequentato il liceo “Petrarca”. Arriverà successivamente l’esperienza estera: una borsa di studio, gli ultimi 3 anni di liceo nel Collegio del Mondo Unito del New Mexico (USA). Infine, l’università in Inghilterra, prima ad Oxford, dove ha conseguito una laurea ad indirizzo umanistico, quindi il dottorato a Cambridge, che, a settembre scorso, lo aveva portato al Cairo, dove faceva ricerche per una tesi sull’economia locale.

Capace di parlare correntemente arabo ed inglese, nel 2012 e 2013 aveva vinto due premi al concorso internazionaleEuropa e Giovani”, promosso dall’Istituto Regionale per gli studi europei per ricerche ed approfondimenti sul Medio Oriente. Da quando era in Egitto, collaborava con il quotidianoIl Manifesto”, scrivendo articoli sotto pseudonimo: “preferiva non firmarli perché aveva paura per la sua incolumità”, così ha riferito ai microfoni di “Radio Popolare” Giuseppe Acconcia, collaboratore del quotidiano, aggiungendo “Giulio si occupava soprattutto di movimenti operai e sindacalismo indipendente e per questo aveva contatti con l’opposizione egiziana”. Proprio oggi, “Il Manifesto” ha pubblicato l’ultimo articolo di Giulio Regeni, questa volta con il nome vero, nonostante la diffida ricevuta dalla famiglia, dal titolo “In Egitto, la seconda vita dei sindacati indipendenti”.

Molto probabilmente, è proprio nell’ambito del suo marcato impegno a favore dei diritti civili, della democrazia, della libertà sindacale, che vanno indagate le cause del suo barbaro assassinio. Non possiamo non rilevare, infatti, che è avvenuto in un Paese il cui Presidente, Abdel Fattah Al Sisi, è salito al potere nel 2013 a seguito di un colpo di stato, in cui le libertà sono fortemente compromesse ed in cui, negli ultimi tempi, centinaia di oppositori del regime continuano a “scomparire” senza lasciare traccia.

Al momento, le pressioni del Governo Italiano sembrano aver sortito i primi effetti. Il premier egiziano, infatti, ha acconsentito affinchè una task force di poliziotti e carabinieri italiani si rechi al Cairo per affiancare i colleghi egiziani nelle difficili e delicate indagini; inoltre, è stato rilasciato il nulla osta per il trasferimento in Italia della salma del povero Regeni, che arriverà alle ore 13 di domani nello scalo aeroportuale di Fiumicino, da dove sarà poi trasferita presso l’Istituto di Medicina LegaleLa Sapienza”, per essere sottoposta a nuova autopsia, disposta dalla Procura della Repubblica di Roma, che indaga per omicidio volontario.

di Umberto Buzzoni

Pansa in Nigeria per l’accordo per la lotta al traffico di esseri umani

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi è stato accompagnato dal capo della Polizia Alessandro Pansa nel viaggio in Africa in cui sono stati stretti degli accordi dal governo italiano in particolare in merito all’immigrazione come il memorandum di cooperazione firmato in Nigeria dal prefetto Pansa con Solomon E. Arase.

L’accordo ha come obiettivo la lotta al traffico di esseri umani e la nascita di una collaborazione per il rimpatrio dei cittadini nigeriani che non possono restare in Italia ed in quest’ottica nell’accordo è previsto che i funzionari della polizia nigeriana seguiranno dei corsi di polizia di frontiera, immigrazione e tratta di esseri umani nelle varie scuole della Polizia presenti in Italia per fornire una formazione tecnico-scientifica agli ufficiali, con approfondimenti sulle strumentazioni e sulla falsificazione di documenti.

di Umberto Buzzoni

Roma, incendio in un appartamento: anziana muore intrappolata tra le fiamme

Tragedia ieri pomeriggio in via Appia Nuova a Roma dove una donna di 88 anni, disabile, è morta nell’incendio divampato nel suo appartamento sito al primo piano del palazzo. I residenti sono fuggiti in strada terrorizzati dalle fiamme e dalla nube di fumo che ha riempito le scale dello stabile ma la donna non è riuscita a fuggire in tempo e quando i Vigili del fuoco hanno fatto irruzione nell’appartamento con gli idranti e le maschere di ossigeno era troppo tardi. Altri inquilini sono rimasti intossicati dal fumo. Sembra nessuno in modo grave ed è stato sufficiente respirare ossigeno dalle ambulanze arrivate sul posto.

Il rogo si è sviluppato verso le ore 16 nello stabile ad angolo fra via Appia Nuova e via Enea, poco distante da Villa Lazzaroni e sul posto sono accorsi in aiuto e per spegnere le fiamme alcune squadre di Vigili del fuoco, Carabinieri, ambulanze e gli agenti di Polizia e dell’autoradio del vicino Commissariato Appio in Via Botero diretti dal Dirigente dott. Michele Peloso e coadiuvati dal Sovrintendente Capo Coppola Giuseppe e l’Assistente Capo Angela Pellegrina.

L’inchiesta è affidata ai Carabinieri che dovranno accertare le cause, ma potrebbe trattarsi del surriscaldamento di una stufetta elettrica usata dall’anziana.

di Umberto Buzzoni