Camorra, due arresti a Napoli per un omicidio avvenuto nel 1992

polizia 2da TGCCOM24

Due persone sono state arrestate per l’omicidio di Luigi Caiazzo, avvenuto nel 1992 in una masseria a Villa Literno, in provincia di Caserta, nell’ambito di uno scontro fra clan della camorra. Il cadavere dell’uomo non è mai stato ritrovato. Uno dei due arrestati è anche ritenuto responsabile dell’omicidio di Giuseppe Caiazzo, padre di Luigi. Nell’ambito dell’operazione è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo di un’azienda agricola.

I due arrestati, ritenuti responsabili in concorso dell’omicidio, sono Giuseppe Terracciano, 54 anni, e Raffaele Cantone, di 53. Le indagini, concluse all’epoca con una richiesta di archiviazione, sono state riaperte in seguito a dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia che, insieme con l’attività di riscontro svolta dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno permesso di fare luce sulla dinamica e sul movente del duplice omicidio. L’indagine è stata coordinata dalla Dda.

Le vittime, già appartenenti alla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, furono colpite nell’ambito dell’offensiva dei Casalesi e finalizzata a stroncare qualsiasi tentativo di riorganizzazione della Nco e ad affermare l’egemonia del clan nell’intera provincia di Caserta.

L’omicidio di Luigi Caiazzo, il 22 ottobre del 1992, avvenne all’interno di una masseria di Villa Literno. Uno dei due arrestati, Raffaele Cantone, è anche ritenuto responsabile, insieme con altri appartenenti allo stesso clan, dell’omicidio di Giuseppe Caiazzo, padre di Luigi, e del ferimento di Angelo Pietoso, reati commessi a Villa Literno il giorno successivo all’omicidio di Luigi.

E’ stato ricostruito, in particolare, il ruolo svolto da uno degli indagati, Giuseppe Terracciano, nell’omicidio di Luigi Caiazzo, ovvero quello di attirare in trappola la vittima, conducendola con uno stratagemma in una masseria dove l’altro indagato, Cantone, gli sparò in pieno volto, da distanza ravvicinata, un colpo d’arma da fuoco. Il cadavere, poi, fu occultato in un pozzo e mai ritrovato.

Nell’ambito dell’operazione è stato, inoltre, eseguito un decreto di sequestro preventivo, emesso d’urgenza dalla Dda, dell’azienda per l’allevamento di bufali di proprietà di Giuseppe Terracciano – all’interno della quale avvenne l’omicidio – dell’impresa situata nello stesso sito per l’allevamento di cavalli e intestata alla convivente di Terracciano, nonché di conti correnti.

L’urgenza, spiega il procuratore aggiunto Francesco Greco, “scaturiva dalla circostanza che, all’atto dell’esecuzione della misura cautelare, la polizia giudiziaria operante sentiva l’indagato dire alla donna di avvisare il commercialista di ‘vendere tutto’ e notava che il predetto firmava in bianco un blocchetto di assegni di un conto corrente a lui intestato, con l’evidente fine di permettere alla moglie di svuotarlo”.

Il decreto è stato emesso in seguito ad accertamenti patrimoniali svolti dal Centro operativo della Dia guidato da Giuseppe Linares; gli investimenti relativi alle attività aziendali sono risultati sproporzionati rispetto ai redditi esigui dichiarati dai due.

Uccisi due uomini a nord di Milano. Uno è il fratello di un boss della zona

poiziada TGCOM24

I corpi recuperati in un’area verde vicino alla strada. Una delle vittime è Emanuele Tatone, 52 anni, di una famiglia nota alle cronache criminali, mentre l’altro cadavere è di un pregiudicato

Duplice delitto a Milano. Due cadaveri sono stati trovati a Quarto Oggiaro, in un’area vicino alla strada dove si trovano alcuni orti. Le vittime sono Emanuele Tatone, di 52 anni, e di Paolo Simone, di 54. Il primo, fratello di Nicola, famoso boss del quartiere, è un membro della famiglia Tatone più volte al centro delle cronache criminali. Entrambi i corpi mostrano i segni di proiettili.

I due corpi erano a una distanza di diversi metri. Una prima segnalazione giunta alla polizia da un passante parlava di un solo corpo. Una volta sul posto, una zona di orti costruiti dai cittadini in un’area verde, gli agenti hanno notato il secondo cadavere. Al momento gli investigatori non si sbilanciano sulle cause della morte. Uno dei cadaveri, quello di Paolo Simone, si trovava sul margine di un sentiero, di schiena, con il foro di un proiettile sul volto, con del fango raggrumato sui vestiti. Il secondo, quello di Emanuele Tatone, era invece semi nascosto, tra le frasche di una vicina macchia di alberi. Entrambi i corpi avrebbero vari segni di colpi d’arma da fuoco.

Il clan Tatone – Emanuele Tatone è fratello di Nicola Tatone, pluripregiudicato e considerato uno dei boss di Quarto Oggiaro, il popolare quartiere milanese da decenni al centro di vicende legate allo spaccio di droga. Nicola Tatone, arrestato dalla polizia nel 2009 per un’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti, è stato condannato a 24 anni di carcere. Lui e suoi fratelli sono i figli della nota ‘Mamma Rosa’ anche detta ‘Nonna eroina’ perché una delle capostipiti dello spaccio di droga nel capoluogo lombardo. Emanuele Tatone non era inserito in ambienti criminali di grande spessore, se non per le sue parentele. Era gravemente malato da anni ed era tossicodipendente.

L’altro uomo trovato ucciso, Paolo Simone, non viene ritenuto un pregiudicato di rilievo e proprio in queste ore gli investigatori della Squadra mobile, che conducono le indagini, stanno accertando se ci sono stati in passato collegamenti tra i due o tra le rispettive famiglie.

Nei mesi scorsi Emanuele Tatone aveva organizzato una protesta rivendicando di aver pagato tutti i debiti con la giustizia.

Gambara, Claudio Grigoletto confessa l’omicidio della sua dipendente e amante

Claudio Grigoletto e Marilia Rodrigues Martinsda TGCOM24

“Ha ammesso di aver commesso il delitto, ma ha dato una ricostruzione diversa che non ci soddisfa”. Così ha detto il pm titolare dell’inchiesta, Ambrogio Cassiani, dopo aver parlato in carcere con Claudio Grigoletto, l’uomo in custodia cautelare per l’omicidio della 29enne brasiliana a Gambara (Brescia). L’imprenditore avrebbe raccontato di aver avuto una colluttazione con Marilia Rodrigues e che questa avrebbe battuto la testa a terra cadendo.L’uomo avrebbe poi spiegato i segni sul collo della ragazza con il fatto che la brasiliana aveva avuto delle convulsioni e lui intendeva frenarle.

Il racconto di Grigoletto, secondo inquirenti e investigatori, contrasta con alcuni dati oggettivi emersi dalle indagini. Marilia, per esempio, non è morta a causa delle ferite alla testa ma per strozzamento. Secondo il suo racconto la donna sarebbe caduta più volte battendo la testa, e il suo datore di lavoro le avrebbe messo le mani al collo per interrompere le convulsioni che l’avevano presa.

Claudio Grigoletto, resosi contro che Marilia era morta, si è lavato ed è andato nel campo volo di Bedizzole, sempre nel Bresciano, perché doveva tenere una lezione di volo.

Delitto Brasiliana: Grigoletto volò subito dopo l’omicidio

delittoda TGCOM24

Emerge un nuovo inquietante dettaglio nel delitto di Gambara (Brescia). Claudio Grigoletto sarebbe andato al lavoro subito dopo aver ucciso la segretaria e amante Marilia. L’ipotesi si è fatta avanti dopo l’intervista concessa a “L’Eco di Bergamo” da Stefano Caprioli, allievo di volo dell’indiziato numero uno di questa vicenda: volarono insieme il giovedì in cui la brasiliana venne uccisa, solo un’ora dopo il crimine.

Caprioli racconta il suo esordio come pilota: “Il mio istruttore era Riccardo Trebbi, scomparso a fine marzo. Nella zona era rimasto solo Grigoletto con l’abilitazione, con lui ho fatto una decina di lezioni, e quella di giovedì era l’ultima, per completare l’addestramento al P200“.

Marilia sarebbe morta intorno alle 17 di giovedì scorso, mentre Grigoletto sarebbe arrivato al campo di volo di Bedizzole intorno alle 18. Testimoni raccontano di averlo visto trafelato e sudato. Si chiuse in ufficio, fece una doccia e poi volò fino al tramonto, prima con Caprioli, poi con altri allievi.

“Non posso pensare”, aggiunge proprio Caprioli, che abbia volato con me dopo il delitto, “è sconvolgente, povera ragazza”. Insomma, quell’ultima gita sul cielo di Gambara fu  tranquilla: “Posso solo dire che è stato un volo normale. Come al solito Ghrigoletto non ha dato nessun segno di tensione. Era attento ai parametri, alle mie manovre, mi ha anche richiamato in una circostanza per un avvicinamento troppo lento e un paio di volte ha preso direttamente i comandi”.

Dopo il padre, oggi arriverà nella cittadina del Bresciano anche la mamma di Marilia che era a conoscenza della relazione tra la ragazza e l’istruttore di volo. La figlia le aveva raccontato di avere un fidanzato italiano dal quale aspettava un figlio, omettendo però, di esserne l’amante e non la compagna ufficiale.

BRASILIANA TROVATA MORTA: Per la Procura è omicidio

brasilianada Corriere.it

Nessun dubbio per i medici legali: Marilia Rodrigues Silva Martins, la brasiliana di 29 anni trovata cadavere venerdì sera nell’ufficio dove lavorava a Gambara, in provincia di Brescia, è stata uccisa. Lo ha stabilito l’autopsia eseguita lunedì mattina e la notizia trova conferma negli ambienti giudiziari. I magistrati stavano seguendo la pista dell’omicidio fin da venerdì. Alcuni testimoni hanno riferito che la ragazza era incinta, circostanza che potrebbe aggiungere un ulteriore elemento utile alle indagini. Sullo sfondo c’è infatti la pista del delitto passionale. A quanto pare la ragazza aveva scoperto solo da pochi giorni di essere in attesa di un bambino. E stando al racconto di un’amica «era a rischio depressione».

INTERROGATORIO – Negli ultimi due giorni sono stati a lungo interrogati conoscenti e colleghi di lavoro della vittima. Ascoltato anche il fidanzato della ragazza, anche se non trapela alcuna indiscrezione. A scoprire il cadavere è stato il padrone dello stabile in cui lavorava della ragazza. Agli inquirenti ha continuato a raccontare di essere stato attirato da un forte odore di gas proveniente da una caldaia difettosa. Questo particolare in un primo momento aveva fatto pensare ad una morte accidentale o ad un tentativo di suicidio. Circostanza avvalorata anche dal fatto che la porta dell’ufficio era chiusa dall’interno.

MORTE VIOLENTA – Ma in un secondo momento si è fatta largo anche l’ipotesi della morte violenta e persino della messa in scena della fuga di gas e dell’incidente per nascondere un omicidio. Il cadavere della giovane brasiliana aveva delle vistose ferite al volto e alla nuca che, stando ai primi accertamenti del medico legale, sarebbero incompatibili con una banale caduta. Inoltre è difficile immaginare che una donna in ottima salute possa cadere da sola procurandosi simili ferite. Il corpo era riverso sul pavimento, tra tavoli e computer. Gli uffici di Gambara sono a poca distanza dalla chiesa del centro nella Bassa bresciana, anche se nessuno avrebbe sentito nulla.

IL MOVENTE – Ma chi e perché ha ucciso la giovane brasiliana? Scavando nel suo passato si è scoperto che a volte pernottava negli uffici dell’azienda. Circostanza che induce a concentrare le indagini sull’ambiente di lavoro della vittima. Marilia Rodrigues Silva Martins da anni era impiegata presso la ditta «Alpi aviation do Brasil» che opera nel settore della vendita di aerei ed elicotteri ultraleggeri. Nulla è invece trapelato sull’identità del fidanzato e sulla ricostruzione della sua relazione con la giovane brasiliana.

Litigano per motivi di viabilità, muore 62enne Calabria, è stato speronato e accoltellato

ambuda TGCOM24

Un uomo di 62 anni è morto a Praia a Mare, nel Cosentino, dopo un litigio per motivi di viabilità. Vincenzo Pipolo era in sella ad uno scooter quando ha avuto un diverbio con due persone a bordo di una Fiat Panda. Il 62enne è fuggito ma è stato inseguito e speronato dall’auto. Pipolo è stato poi accoltellato. Le ferite, nonostante non ci fossero macchie di sangue, sono state però notate dal medico legale.

Il cadavere della vittima è stato portato in ospedale per l’autopsia. Sul posto sono intervenuti i carabinieri che hanno avviato le indagini per ricostruire l’accaduto. Gli investigatori, dopo alcune ore, hanno rintracciato le due persone che erano a bordo della Fiat Panda. La loro posizione è al vaglio degli inquirenti. I carabinieri stanno sentendo numerosi testimoni per ricostruire l’accaduto.

Donna uccide convivente e tenta dar fuoco alla casa, poi tenta il suicidio

omicidioda Ansa – Agenzia di Stampa

Una donna ha ucciso il convivente con una coltellata al petto la scorsa notte a Torre del Greco durante un litigio nella loro abitazione. Ha poi tentato di dar fuoco all’appartamento con il gas, causando solo lievi danni alla cucina, e di suicidarsi lanciandosi dal terrazzo ma e’ stata fermata dalla Polizia.

La donna – Maria Carmela Panariello, di 41 anni – e’ stata bloccata dalla Polizia e si trova ora nel Commissariato di Torre del Greco in stato di fermo. Il convivente – Tommaso Egger, di 57 anni – e’ stato trovato senza vita sul letto, con una profonda ferita al petto inferta – secondo i primi accertamenti degli investigatori dello stesso Commissariato, diretto da Paolo Esposito – con un grosso coltello da cucina. Il delitto – stando alla ricostruzione riferita finora – e’ avvenuto poco prima delle quattro, nell’abitazione della coppia, in via Calastro, davanti ai figli adolescenti, durante una lite per motivi in corso di accertamento da parte della Polizia.

Dopo aver accoltellato il convivente, Maria Carmela Panariello ha aperto il gas tentando di dar fuoco alla casa. E’ poi salita al sesto dell’edificio nel quale viveva con il marito, nella zona a ridosso dell’area portuale, e ha tentato di lanciarsi nel vuoto, ma e’ stata bloccata. Le fiamme hanno danneggiato la cucina dell’abitazione e hanno interessato anche alcune parti del palazzo, prima di essere spente dai vigili del fuoco.

CASO ROBERTA RAGUSA: Spuntano nuovi reperti e una testimone

thumbs_milestone_ed_1303075di Grazia De Marco

Sarebbero stati trovati dei nuovi reperti attribuibili a Roberta Ragusa nel pomeriggio del 12 Giugno scorso ma, per non ostacolare il lavoro degli inquirenti che si stanno occupando del caso, ancora non è possibile  sapere né  il luogo del ritrovamento, né cosa sia stato effettivamente rinvenuto.

Questo episodio, tuttavia,  sicuramente dimostra che le ricerche per ritrovare il corpo della donna non si sono mai fermate, come molte volte si è voluto far credere e come aveva smentito recentemente anche lo stesso Ugo Adinolfi, Procuratore Capo di Pisa, il quale, invece, aveva annunciato che sarebbero state avviate nuove battute di ricerca, sul litorale e nell’interno, con l’utilizzo di tecnologie molto sofisticate come il georadar.

Attualmente sono circa una ventina i volontari che, suddivisi in cinque gruppi, stanno setacciando zone ben precise, seguendo le direttive dello stesso Adinolfi.                                                                                                In queste ore, inoltre, gli investigatori stanno anche studiando e analizzando la documentazione relativa agli interrogatori degli utimi giorni, prima di decidere i modi e i tempi delle prossime attività investigative.

Certamente sarà nuovamente sentita anche Sara Calzolaio, amante di Antonio Logli, in merito ad alcune rivelazioni choc rilasciate da una donna, che ha rivelato di aver avuto rapporti sessuali con lo stesso Logli poco prima della scomparsa di Roberta. Una signora versiliese, infatti, lo scorso 11 Giugno, ha rivelato, davanti a Ugo Adinolfi e al Pm Aldo Mantovani, di aver conosciuto il marito di Roberta Ragusa tramite un sito per incontri a luci rosse e di aver avuto con lui un solo rapporto sessuale, tra il giugno e il settembre 2011. Antonio Logli avrebbe anche confidato alla donna di vivere un matrimonio infelice, ma di non potersi separare, per evitare gravi ricadute economiche.

Questa tesi confermerebbe tra l’altro, la pista seguita dagli inquirenti che hanno da subito considerato questa stessa motivazione come il movente dell’omicidio. Le rivelazioni fatte dalla misteriosa donna sarebbero peraltro ritenute credibili, in quanto, la stessa, essendosi presentata spontaneamente ai Magistrati, dopo aver riconosciuto Logli in televisione,  sarebbe considerata attendibile.

A tutt’oggi, l’unico indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere resta il marito di Roberta che, tuttavia, sarà interrogato nuovamente solo il prossimo anno, nel corso dell’Udienza Preliminare, quando si dovrà decidere se chiedere l’archiviazione definitiva oppure il rinvio a giudizio del presunto omicida.

Udine, “le 15 enni volevano uccidere” Mirco Sacher. Lo dice la perizia

udineda Fanpage

Non è stata legittima difesa. Non è più un omicidio preterintenzionale. Mirco Sacher, l’ex ferroviere di 66 anni ucciso lo scorso 7 aprile in un campo alla periferia di Udine, è morto per soffocamento. Le due 15 enni gli avrebbero stretto le mani intorno al collo fino a togliergli il fiato. Ci sarebbe dunque una svolta nell’inchiesta sulla morte del pensionato strangolato due mesi. Ad attestarlo, secondo quanto scrive oggi La Stampa, è la perizia che verrà depositata la settimana prossima. Si tratta di una lettura ben diversa da quella emersa in un primo momento. Le due giovani avrebbero aggredito Sacher proprio con l’intenzione di ucciderlo, un vero e proprio omicidio volontario: questo racconta il rapporto del medico legale, scrive Niccolò Zancan.

Durante l’interrogatorio le due ragazzine avevano spiegato di aver reagito ad un tentativo di violenza da parte dell’uomo, ma la ricostruzione non aveva convinto gli inquirenti. Così le indagini sono continuate e si sono aggiunti ulteriori dettagli. La perizia sui telefoni avrebbero portato alla luce diversi sms dai quali emergerebbe una complicità tra i tre. Quattro giorni prima Sacher della sua morte scriveva infatti: “Grazie, Ci penso ancora. E’ stato bellissimo”. Un giovane avrebbe peraltro rivelato agli inquirenti di aver pagato una prestazione sessuale a una delle due minorenni. C’è poi da dire che pochi giorni prima del delitto di Sacher, le due 15 enni avevano rapinato un anziano.

OMICIDIO AD AVERSA: ragazzo 15enne muore per una coltellata al cuore

20130408_corteo-emanueledi Grazia De Marco

Ancora un episodio di violenza, che coinvolge minorenni, avvenuto ad Aversa durante il fine settimana. La vittima si chiamava Emanuele di Caterino di 15 anni, morto per una coltellata al cuore, mentre altri quattro suoi giovani amici sono rimasti feriti in maniera non grave nel corso dell’aggressione.   I cinque ragazzi, poco dopo la mezzanotte, si erano radunati nelle adiacenze di un ufficio postale, nei pressi del famoso locale “Le Bistrot” e,  improvvisamente, sono stati aggrediti dal 17enne Agostino V., che è riuscito a ferirli tutti e ad uccidere Emanuele.

Dai primi accertamenti dei Carabinieri, intervenuti sul posto, pare che all’origine dell’omicidio ci sarebbe una banalissima lite tra coetanei, poi degenerata  per questioni che vedrebbero coinvolte alcune ragazze, ma lo scenario è ancora tutto da approfondire. Al momento gli investigatori stanno ancora cercando di ricostruire  l’esatta dinamica dell’accaduto, grazie anche al racconto di due testimoni molto importanti, amici delle vittime, che si trovavano in Via De Chirico quando è scoppiata la rissa.

Gli inquirenti starebbero anche verificando presunti legami di parentela dei cinque giovani coinvolti con pregiudicati del posto, vicini alla malavita organizzata.                                                                                                                               Di Caterino era infatti il nipote di Gaetaneo Iorio, esponente del Clan Schiavone, mentre altri due ragazzi  feriti sono, rispettivamente, nipoti di Michele Zagaria e di Salvatore Nobis, elemento di spicco della fazione facente capo allo stesso Zagaria, ma, al momento, queste parentele non sembrerebbero aver avuto un peso nel movente. L’assassino, che lavorava presso l’azienda agricola del padre e certamente conosceva la vittima, è stato immediatamente arrestato dai Carabinieri, ai quali  ha riferito di “non ricordare nulla”, ma il GIP del Tribunale dei Minorenni di Napoli, Piero Avallone, ha già convalidato il fermo per omicidio volontario, emettendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei suoi confronti. Agostino V. si è presentato al Giudice con il volto tumefatto, sostenendo di essersi difeso da un atto di bullismo, tanto che il suo avvocato difensore, Mauro Iodice, ha chiesto di acquisire le immagini di alcune telecamere posizionate ne pressi del locale dove è avvenuta l’aggressione, perché le stesse potrebbero fornire elementi decisivi per ricostruire l’esatta dinamica dei fatti.

Emanuele frequentava la I E del Liceo Scientifico Enrico Fermi ed era da tutti considerato un ragazzo pieno di vita, sempre allegro e con un sorriso da “fare invidia al mondo”.   I compagni di classe e gli amici, che sembrano non darsi pace per la morte del loro compagno, hanno organizzato una fiaccolata per ricordarlo e soprattutto per esprimere tutto il loro dolore e la rabbia che provano nei confronti dell’autore dell’omicidio, che non perdoneranno mai.