Il boss dei boss Totò Riina: “Intercettavamo Borsellino”

toto riinada TGCOM24

La mafia teneva sotto controllo il telefono del giudice Paolo Borsellino o dei suoi familiari. Lo ha rivelato, parlando a un compagno di carcere, Totò Riina. “Sapevamo – ha detto il boss di Cosa Nostra in una conversazione intercettata dagli investigatori – che doveva andare là perché lui gli ha detto: ‘domani mamma vengo'”.

“Il fatto che è collegato là è un colpo geniale proprio. Perché siccome là era difficile stare sul posto per attivarla… Ma lui l’attiva lo stesso”, commenta Lorusso il 29 agosto del 2013. Il boss detenuto racconta di avere cercato di uccidere Borsellino per anni. “Una vita ci ho combattuto – dice – una vita… La’ a Marsala (il magistrato lavorava a Marsala ndr)”.

“Ma chi glielo dice a lui di andare a suonare?” si chiede Riina. “Ma lui perche’ non si fa dare le chiavi da sua madre e apre”, aggiunge confermando che a innescare l’esplosione sarebbe stato il telecomando piazzato nel citofono dello stabile della madre del magistrato in via D’Amelio. “Minchia – racconta – lui va a suonare a sua madre dove gli abbiamo messo la bomba. Lui va a suonare e si spara la bomba lui stesso. E’ troppo forte questa”.

Secondo gli inquirenti Cosa nostra avrebbe predisposto una sorta di triangolazione: un primo telecomando avrebbe attivato la trasmittente, poi suonando al citofono il magistrato stesso avrebbe inviato alla ricevente, piazzata nell’autobomba, l’impulso che avrebbe innescato l’esplosione.

La tecnica, per i magistrati, sarebbe analoga a quella usata per l’attentato al rapido 904 per cui Riina e’ stato recentemente rinviato a giudizio come mandante. Questo genere di innesco si renderebbe necessario quando è pericoloso o impossibile per chi deve agire restare nei pressi del luogo dell’esplosione.

Camorra, duro colpo ai clan Belforte e Moccia: arrestati 26 affiliati

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Duro colpo al clan Belforte di Marcianise, nel Casertano. Carabinieri, polizia e guardia di finanza hanno eseguito un’operazione interforze arrivando all’arresto di 9 persone e al sequestro di parecchie decine di milioni di euro. Tra i beni sequestrati ditte, abitazioni e società riconducibili a persone ritenute legate al clan.

Arrestati 17 affiliati al clan “Moccia” – In un’operazione congiunta di polizia e carabinieri, sulla guerra fra clan che ha visto diversi omicidi nel Napoletano, sono stati arrestati 17 esponenti dei “Moccia”. I fermati sono indiziati d’associazione di tipo mafioso, porto abusivo di arma da fuoco ed estorsione, aggravati dalle finalità mafiose. Secondo le indagini, coordinate dalla Dda di Napoli, il gruppo si stava estendendo dal rione Salicelle di Afragola, a Casoria, Caivano, Crispano e Cardito, dopo una scissione che ha causato un conflitto interno al gruppo con alcuni omicidi.

Calabria, la Madonna delle Grazie “si inchina” davanti alla casa del boss

madonnada TGCOM24

Polemiche a Oppido Mamertina dove la processione dellaMadonna delle Grazie si è fermata davanti all’abitazione del boss della ‘ndrangheta Peppe Mazzagatti, di 82 anni, ai domiciliari per motivi di salute, scatenando le critiche delle autorità. Allo stop è seguito anche l’inchino della statua in onore del capo clan. Il gesto ha fatto irritare il comandante della stazione dei carabinieri del paese reggino, che si è allontanato in segno di dissenso.

Altri due carabinieri, invece, hanno documentato l’accaduto e gli esiti dei loro appunti sicuramente confluiranno in una relazione di servizio che sarà inviata alle autorità di ordine pubblico. Lo ha riportato il Quotidiano della Calabria. Il corteo religioso, giunto nei pressi dell’abitazione di Peppe Mazzagatti, condannato all’ergastolo per omicidio e associazione per delinquere, si è fermato per circa trenta secondi. La statua della Madonna delle Grazie, portata da numerose persone, era preceduta da alcuni sacerdoti e da un gruppo di amministratori locali.

La presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, ha telefonato al maresciallo dei carabinieri, Andrea Marino, per ringraziarlo per la lealtà alle istituzioni e il senso dello Stato dimostrati in occasione della processione della Madonna delle Grazie a Oppido Mamertina. “Quanto è avvenuto nel corso della processione sconcerta e addolora – dichiara la Bindi – e la Commissione antimafia intende approfondire i fatti incontrando anche il maresciallo Marino”.

Solo 15 giorni fa, papa Francesco ha scomunicato i mafiosi – Sono trascorsi solamente quindici giorni da quando Papa Francesco, nel corso della messa nella spiana di Sibari, ha scomunicato i mafiosi. Papa Bergoglio, al termine della visita pastorale nella diocesi di Cassano allo Jonio, aveva lanciato la scomunica per i mafiosi e la richiesta di combattere la ‘ndrangheta perché adora i soldi e disprezza il bene. “Quando non si adora il Signore – aveva detto il Papa – si diventa adoratori del male, come lo sono coloro che vivono di malaffare, di violenza, la vostra terra, tanto bella, conosce le conseguenze di questo peccato. La ‘ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no. La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre più spendersi perche’ il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi”. “Quelli – aveva concluso – che non sono in questa strada di bene, come i mafiosi, questi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati”.

Terra dei fuochi, arriva l’Esercito. Pugno duro contro le ecomafie

esercitoda Agi.it

Decisione del governo contro le ecomafie. “Il Governo da’ parere favorevole all’impiego dell’esercito in Campania, per contrastare piu’ efficacemente il fenomeno delle ecomafie nella zona al confine tra Napoli e Caserta”. Lo annuncia in una nota il sottosegretario alla Difesa Gioacchino Alfano, commentando le modifiche al testo del decreto sulla Terra dei Fuochi.

“Le forze politiche sotto state tutte d’accordo, o quasi, a offrire soluzioni concrete per risolvere un problema specifico – spiega – quello che e’ accaduto sulla Terra dei Fuochi e’ il classico esempio di come far politica, non a suon di polemiche e cercando di denigrare l’avversario, ma mettendo a disposizione lo strumento legislativo migliore per risolvere l’emergenza.

C’era gia’ un buon decreto, e’ stato migliorato con la partecipazione di tutte le forze politiche tranne l’astensione del Movimento 5 stelle”.

“Abbiamo deciso di aggredire la vicenda della terra dei fuochi e dell’Ilva”, ha invece detto il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin commentando il decreto sulle emergenze ambientali.

“Abbiamo deciso di fare qualcosa subito per la tutela della salute,l’agricoltura e il contrasto della illegalita’. Tutti i ministeri coinvolti hanno dato il loro contributo”. “Abbiamo deciso di investire in uno screening di massa – ha aggiunto il Ministro, sempre a proposito del decreto sulle emergenze ambientali – e’ una situazione sperimentale, e’ la prima volta che accade in Italia”. Sulle modalita’, ha spiegato “sta lavorando l’Istituto Superiore di Sanita’,utilizzando medici di medicina generale e le reti territoriali”. (AGI) .

Palermo,maxi sequestro di beni a imprenditore vicino a Messina Denaro

da TGCOM24messina

Beni per un valore complessivo di circa 51 milioni di euro sono stati sequestrati dai carabinieri del Ros e dallo Scico della Guardia di Finanza di Palermo a un noto imprenditore palermitano. Secondo la Procura distrettuale antimafia l’indagato sarebbe un prestanome del boss latitante Matteo Messina Denaro. Nel sequestro diverse società attive nel settore immobiliare, nel commercio dell’abbigliamento e di preziosi, nonchè in quello della nautica.

Il sequestro è scattato nei confronti di Mario Niceta e dei figli Massimo, Pietro e Olimpia. Vale 50 milioni di euro e comprende le società che gestiscono una serie di negozi a Palermo (in via Roma, Corso Camillo Finocchiaro Aprile, viale Strasburgo e via Ruggero Settimo con il marchio Olimpia) e a Trapani (Blue Spirit e Niceta Oggi all’interno del centro commerciale Belicittà di Castelvetrano). Il lavoro prosegue regolarmente, ma in amministrazione giudiziaria.

Maxi blitz contro Sacra corona unita, 46 arresti

carabinierida Agi (Agenzia di Stampa)

I carabinieri del Comando provinciale di Brindisi hanno eseguito, in provincia e sul territorio nazionale, un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Lecce su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia a carico di 46 indagati, accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata alla cessione di stupefacenti, omicidio, reati in materia di armi, estorsione e altro, tutti aggravati dal metodo mafioso.

In corso di esecuzione anche un provvedimento di sequestro d’urgenza, emesso dal pm nei confronti di alcuni degli indagati, di beni mobili e immobili, comprese due attivita’ commerciali, e libretti postali per un valore complessivo di circa un milione di euro.

Crisi, anche la ‘ndrangheta si adegua Boss costretto a fare sconto sul pizzo

pizzoda Agi.it

Le estorsioni dovevano essere “ragionevoli” perché quando “c’è crisi non bisogna andare da chi non può pagare nemmeno le bollette”. Erano le indicazioni date dal carcere dal presunto boss, Francesco Zindato, agli uomini dell’omonima cosca della ‘ndrangheta di Reggio Calabria. Il particolare è emerso dalle indagini della squadra mobile del capoluogo, che ha arrestato cinque criminali.

Le cinque persone destinatarie dell’ordine di custodia cautelare sono: Francesco Zindato, 36 anni, già detenuto; Demetrio Sonsogno, 44 anni, ritenuto dagli inquirenti il reggente della cosca; Antonino e Santo Labate, di 36 e 33 anni, e la moglie di Zindato, Tchorzewska Malgorzata, detta Margherita, polacca. Sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata ai danni di operatori economici, favoreggiamento e ricettazione.

Durante le indagini gli agenti, attraverso intercettazioni ambientali, hanno individuato le attività illecite della cosca, in particolare le estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti. Gli agenti hanno rintracciato i pizzini che Francesco Zindato inviata dal carcere, tramite sua moglie, al presunto reggente della cosca, Demetrio Sonsogno.

“Un’operazione – ha detto il questore – che conferma il triste fenomeno delle estorsioni. Nel mirino della banda erano finiti un imprenditore edile ed il titolare di un negozio di abbigliamento, che non hanno inteso collaborare con lo Stato. Ai cittadini tutti chiediamo ancora una volta di collaborare con le forze di polizia, di avere fiducia nello Stato”. Secondo quanto reso noto dal dirigente della squadra mobile, Gennaro Semeraro, “gli arrestati evitavano di usare metodi bruschi, persino dilazionando, in un caso, una tangente da ottomila euro in sedici mensilità da cinquecento euro”.

Milano violenta: ammazzato ‘boss’ Pasquale Tatone, domenica ucciso il fratello

polizia-omicidio-notteda AGI.IT

A Milano e’ ormai guerra di mala: Pasquale Tatone, fratello dell’ex boss Emanuele Tatone, ucciso domenica scorsa insieme ad un’altra persona, e’ caduto vittima di un agguato stanotte. Pasquale era appena uscito da un locale in via Pascarella, angolo evia Lopez, zona Quarto Oggiaro, quando e’ stato freddato a colpi d’arma da fuoco nella sua auto. La famiglia Tatone e’ considerata uno dei maggiori ‘clan’ della gestione del traffico di droga in citta’. Il rapido susseguirsi degli agguati sembra quindi l’avvio di una feroce guerra aperta da qualche organizzazione rivale per il controllo dello spaccio. Pasquale Tatone era andato a vedere la partita in un locale di Quarto Oggiaro ed e’ uscito da solo. Quando e’ entrato nella sua vettura parcheggiata in via Pascarella, e’ stato colpito da diversi proiettili, pare di grosso calibro, forse di fucile.

Agguato a Napoli, ucciso reggente clan

Camorra: agguato a Napoli, ucciso reggente clan Apreada Ansa

Un pregiudicato di 32 anni, Giovanni Bottiglieri, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco in un agguato avvenuto nel quartiere di San Giovanni a Teduccio di Napoli.

Aveva precedenti penali per estorsione, rapina e ricettazione. Secondo gli investigatori, era l’ attuale reggente del clan camorristico Aprea. L’agguato è scattato in un centro scommesse dove il pregiudicato è stato raggiunto da due sicari con in testa caschi integrali: almeno tre i proiettili esplosi contro Bottiglieri.

‘Ndrangheta: il politico e la ‘relazione stabile’ con il clan

ndranda Agi

“Un politico che da anni ha intessuto una stabile, paritetica, assolutamente deprecabile relazione di cointeressenza e solidarieta’ con l’organizzazione, nella consapevolezza di essere colui che ricambia o deve ricambiare i numerosi favori ricevuti per la sua brillante ascesa politica”. A scriverlo e’ il gip Abgail Mellace, firmataria dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Gianpaolo Bevilacqua, 45 anni, attuale vice coordinatore provinciale del Popolo delle liberta’. E’ lui il politico finito in manette nell’operazione “Perseo” contro la cosca Giampa’ di Lamezia Terme che vede indagato anche il senatore del Pdl, Piero Aiello. Il contesto che ha portato all’arresto di Bevilacqua ha dell’incredibile. Secondo il procuratore aggiunto della Dda, Giuseppe Borrelli, “e’ incredibile che chi ricopre importanti attivita’ possa andare in un negozio per chiedere le tute per i detenuti da comprare con lo stesso sconto applicato alla cosca. Una vicenda grave, tra il folkloristico e il drammatico, ma che indica anche la qualita’ di certa politica in Calabria”. D’altronde, Bevilacqua, secondo il gip Mellace che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, avrebbe fornito “un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo di natura materiale e morale” alla cosca Giampa’. E questo, perche’ il gip ha riscontrato come il giovane politico lametino si sarebbe impegnato per “l’assegnazione di appalti o posti di lavoro in cambio del costante impegno elettorale da parte degli esponenti della cosca”. Tutto, secondo il gip, “producendo un patto elettorale politico-mafioso”. Ed in pochi anni, Bevilacqua aveva conquistato un ruolo di primo piano in politica. Eletto in Consiglio provinciale nel 2004 con 1.574 preferenze, salite a 2.367 nel 2008. Quindi assumendo vari ruoli: capogruppo del Pdl in Consiglio provinciale, dirigente della Regione Calabria, presidente della Commissione provinciale Lavori pubblici, prima rappresentante della Sacal, societa’ che gestisce l’aeroporto di Lamezia Terme, e poi vicepresidente del Consiglio di amministrazione. Ed ancora, presidente del Cda del Centro tipologico nazionale-societa’ consortile per azioni, membro del comitato di sorveglianza del Consorzio agrario provinciale di Pistoia, su incarico del ministero delle Attivita’ produttive, per il quale ha ricevuto altre consulenze . Quindi la scalata nello stesso Pdl, fino a ricoprire, attualmente, il ruolo di vice coordinatore provinciale. Una carriera lampo, alimentata dalle preferenze, dai legami con esponenti di primo piano del partito calabrese. Interrotta dall’operazione di oggi con la quale si contesta anche l’associazione a delinquere di stampo mafioso, oltre che l’estorsione per l’episodio dell’acquisto delle tute per i detenuti.