Colpo alla mafia: maxi-sequestro da 1, 3 mld al “re dell’eolico”

vito_nicastrida Agi – Agenzia di Stampa

Beni per un miliardo e trecento milioni di euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia a un soggetto ritenuto contiguo a Cosa nostra.

I beni, che erano stati precentemente sequestrati, passano ora definitivamente allo Stato.

Secondo la Dia, si tratta della confisca di importo piu’ elevato in assoluto mai eseguita in Italia nei confronti di un unica persona.

La confisca ha colpito Vito Nicastri, 57 anni, imprenditore di Alcamo (Trapani), attivo nel settore dell’energia rinnovabile e in particolare dei parchi eolici. All’uomo e’ stata imposta la sorveglianza speciale per tre anni, con obbligo di soggiorno ad Alcamo.

Il patrimonio che gli e’ stato confiscato comprende 40 societa’, immobili e disponibilita’ finanziarie. Secondo gli inquirenti, Nicastri era vicino a diversi personaggi mafiosi.

Stato-mafia, a giudizio tutti gli imputati, tra cui Mancino e dell’Utri

stato mafiada Agenzia di Stampa AGI

Rinvio a giudizio per tutti gli imputati. E’ la decisione del gup di Palermo, Piergiorgio Morosini, nell’ambito del procedimento sulla presunta trattativa Stato-mafia. Il processo prendera’ il via il 27 maggio prossimo davanti alla Corte d’assise del capoluogo siciliano. A giudizio, con l’accusa di “attentato mediante violenza o minaccia a un corpo politico, giudiziario o amministrativo dello Stato, aggravato dall’agevolazione di Cosa nostra”, finiscono dunque i boss Toto’ Riina, Leoluca Bagarella e Nino Cina’, l’ex pentito Giovanni Brusca, gli ex generali del Ros dei carabinieri Antonio Subranni e Mario Mori, l’ex colonnello Giuseppe De Donno e il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri. L’ex presidente del Senato ed ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, sara’ processato solo per falsa testimonianza, mentre Massimo Ciancimino (l’unico, tra gli imputati, ad ascoltare il verdetto del gup in aula) e’ accusato anche di concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia.
L’ex ministro Dc Calogero Mannino aveva chiesto e ottenuto di essere processato col rito abbreviato: per lui il processo si aprira’ il 20 marzo. E’ stato invece sospeso dal gup, martedi’ scorso il procedimento per Bernardo Provenzano, dopo che i periti hanno escluso la sua capacita’ di partecipare al processo, a causa delle sue condizioni psichiche compromesse in parte da una forma di Alzheimer e in parte dall’intervento per la rimozione di un ematoma cerebrale che il boss si era procurato cadendo in cella. “Sono molto soddisfatto dell’esito dell’udienza preliminare di Palermo – ha commentato con l’AGI l’ex procuratore aggiunto di Palermo, oggi leader di Rivoluzione Civile, Antonio Ingroia – che conferma integralmente l’impostazione che io e il pool da me coordinato avevamo ricostruito nel corso di questi lunghi anni di indagine. Finalmente questa decisione di un giudice terzo, di grande competenza e autorevolezza pone la parola fine a tutte le maldicenze e accuse infamanti piovute addosso ai pm della procura di Palermo senza che noi potessimo replicare. Quel che e’ certo e’ che le istituzioni politiche non hanno fatto la loro parte per accertare la verita’”. La decisione del gup “fa giustizia delle critiche preconcette di chi ha parlato di fantasia e teoremi”, ha aggiunto il pm di Palermo, Nino Di Matteo. Il gup Morosini ha pero’ ‘bacchettato’ la Procura, parlando di “indagine disorganica” provvedendo lui stesso a ordinare gli atti con un decreto e a redigerne un indice organizzato. Tra gli imputati, Nicola Mancino respinge di nuovo ogni accusa ed auspica un processo rapido che dimostri la sua innocenza. L’ex ministro dell’Interno denuncia in conferenza stampa, la presenza “di un teorema, checche’ ne pensi qualche procuratore della Repubblica, su cui costruire fortune anche di carattere politico” e ribadisce di non aver “mai chiesto protezione al Capo dello Stato”.

SEQUESTRATI BENI PER 500 MILA EURO A PENTITO CLAN CASALESI

La Dia di Napoli ha sequestrato beni per un valore di circa 500 mila euro riconducibili a Emilio Di Caterino, 39 anni, di Casal di Principe, indicato come esponente di spicco del clan dei casalesi. Il provvedimento e’ stato emesso su disposizione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Di Caterino arrestato nel 2008, dopo un lungo periodo di latitanza, ha iniziato a collaborare con la giustizia nel 2011. Conseguentemente e’ stato trasferito, secondo il programma di protezione previsto dalla normativa sui pentiti, in localita’ protetta. Sotto sequestro sono finiti un terreno ed un villino.
(ITALPRESS).

BENI PER 7 MILIONI SEQUESTRATI AD UN IMPRENDITORE

da Italpress – Agenzia di Stampa

Sequestrato dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catania un patrimonio di circa 7 milioni di euro tra quote societarie ed aziende, numerosi fabbricati e terreni, autoveicoli e disponibilita’ bancarie e postali ad un imprenditore ritenuto inserito nell’organizzazione facente capo al clan La Rocca, affiliata alla famiglia mafiosa “Santapaola” di Catania. Il sequestro antimafia e’ stato disposto dal Tribunale di Catania, che ha accolto la proposta avanzata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, in esito alle indagini eseguite dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catania.
(ITALPRESS).

Ndrangheta: infiltrazioni a Roma, tre arresti

da AGI (agenzia di stampa)

Sono tre le ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite nell’ambito del blitz della Dia contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta nella capitale, mentre altre sei persone sono indagate in stato di liberta’. Lo ha riferito a Sky tg24 il capo centro della Dia di Roma, Gregorio De Marco. “Il reato contestato di appropriazione fittizia di beni – ha osservato – e’ aggravato dal metodo mafioso”. De marco ha messo in evidenza “il salto qualita’ della ‘ndrangheta che dai servizi ‘classici’ ha penetrato finanziariamente anche la capitale”. Coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, l’operazione ha permesso di bloccare in particolare una serie di investimenti di denaro dalla provenienza ritenuta illecita. Gli investigatori hanno concentrato le loro attenzioni sulla natura sospetta di una molteplicita’ di investimenti finanziari, come l’acquisizione del controllo di esercizi commerciali che hanno sollevato non pochi dubbi “per l’estrema rapidita’ della compravendita, le modalita’ delle trattative, la provenienza delle risorse economiche”. Una realta’ criminale sofisticata, quella della ‘ndrangheta, in grado di individuare, nel tessuto economico della capitale, un canale funzionale a ripulire i propri profitti illeciti. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere riguardano alcuni esponenti legati alla ‘ndrina dei Gallico, originari della provincia di Reggio Calabria. Gli arrestati, grazie ad alcuni prestanome e societa’ fittizie, erano riusciti a concludere – investendo ingenti capitali per conto della cosca di riferimento – una serie di importanti operazioni immobiliari e societarie soprattutto nel settore della ristorazione, impadronendosi di bar e ristoranti ubicati in zone di pregio della capitale. Il gip del Tribunale di Roma Simonetta D’Alessandro ha accolto la richiesta di contestazione del reato (ex art. 12 quinquies legge 356/1992, aggravato dal metodo mafioso) che punisce l’intestazione fittizia di beni, per un valore di circa 20 milioni, sottoposti a sequestro preventivo.

Mafia, sequestro beni a Messina Denaro

da tgcom24

Gli uomini della Direzione Investigativa Antimafia di Palermo e Trapani sono impegnati, in territorio di Castelvetrano, nel sequestro di beni riconducibili al capomafia latitante Matteo Messina Denaro. Si stringe sempre di più il cerchio attorno al capomafia, ultimo padrino della Cupola ancora in libertà.

Il sequestro ordinato dal tribunale di Trapani riguarda le aziende e i capitali sociali di alcune aziende del territorio di Castelvetrano sarebbero riconducibili al boss latitante Matteo Messina Denaro in quanto intestati alla sorella Anna Patrizia e a suo marito, detenuto per mafia, Vincenzo Panicola, 43 anni.I beni, per un valore complessivo di di diverse centinaia di migliaia di euro, sarebbero costituiti da aziende e capitali sociali di alcune aziende: la Vieffegi service, la Vieffegi impianti srl, la So.ro.pa. costruzioni arl, e il compendio aziendale della ditta individuale della sorella del boss, Anna Patrizia Messina Denaro, che si occupa di attività di colture olivicole. Ci sarebbero anche un fabbricato, automobili e rapporti bancari.Pochi mesi fa un altro sequestro di beni sempre riconducibili al boss latitante erano stati bloccati ad un altro cognato di Messina Denaro, Gaspare Como.

Tratta di immigrati, maxi blitz contro trafficanti somali: 55 arresti

da AdnKronos

Maxi operazione di Polizia e Guardia di Finanza, coordinata dalle procure distrettuali di Catania e Firenze e dalla Dna, contro due organizzazioni criminali somale accusate di traffico di esseri umani: 55 gli arresti, a conclusione di una complessa attività d’indagine durata un anno e mezzo. Gli affiliati alle due organizzazioni criminali, spiega una nota, sono accusati di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina di cittadini extracomunitari provenienti da quell’area africana e diretti, attraverso il territorio italiano, verso il Nord Europa, nonché di contraffazione di documenti, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, di riciclaggio ed altri gravi reati.

 

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Le indagini, coordinate dalla Direzione Nazionale Antimafia, che rientrano in un più ampio contesto investigativo finalizzato a contrastare le organizzazioni criminali extra nazionali dedite all’immigrazione clandestina, hanno preso avvio dalla procura della Repubblica di Modica e sono state successivamente condotte, considerati i reati di tipo mafioso, dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania nell’ambito dell’operazione denominata ‘Boarding pass’, che ha consentito di accertare le responsabilità penali di 48 cittadini somali, mentre, sul fronte fiorentino, dall’omologa Procura Distrettuale nell’ambito dell”operazione ‘Bakara’, che ha individuato le responsabilità penali di altri 7 soggetti di etnia somala.

 

 

Le attività sul territorio, prosegue la nota, sono state condotte dalle articolazioni centrali e periferiche della Polizia di Stato (Servizio Centrale Operativo e Squadra Mobile di Ragusa) e della Guardia di Finanza (GICO e Nucleo di Polizia Tributaria di Firenze), mentre i profili internazionali sono stati curati da Eurojust che ha ottenuto la collaborazione delle diverse Autorità giudiziarie straniere, interessate per le azioni penali in quegli Stati esteri. Il cartello criminale, composto da cellule operative radicate in Italia, in Kenya e in Libia, conduceva i migranti clandestini verso i territori di Malta e Grecia per poi convogliarli in Italia presso alcune basi logistiche individuate a Roma, Milano, Torino, Firenze, Prato, Bergamo, Cuneo e Napoli, considerate città strategiche per la loro vicinanza agli aeroporti che collegano, anche con voli low coast, le principali capitali europee.

 

 

Solo successivamente, dopo averli muniti di falsi documenti, venivano avviati verso paesi del Nord Europa, in particolare Olanda, Francia, Danimarca, Regno Unito e, soprattutto, Norvegia, Svezia e Finlandia dove, anche in alcuni di questi Paesi, è stata accertata l’esistenza di cellule operative dedite all’attività illecita dell’immigrazione clandestina. Tra gli arrestati, spiccano Abdurahman Hussein Mohamed inteso ‘Banje’, mediatore culturale presso l’Ambasciata italiana di Nairobi, considerato il punto di riferimento per l’ottenimento, illecito, dei visti d’ingresso in territorio italiano e Bashir Ali Mohamed Sheik inteso ‘Bashir Ali’, collaboratore dell’organizzazione internazionale World Food Program.

 

 

Nell’ambito della stessa operazione, conclude la nota, sono stati deferiti in stato di libertà altri 23 soggetti ritenuti responsabili di aver agevolato le attività illecite del cartello criminale ed inoltre saranno eseguiti numerosi sequestri preventivi di attività economiche, conti correnti, agenzie di money transfer e altri beni riconducibili alla stessa organizzazione transnazionale, basti pensare che il giro d’affari è stato stimato in circa 25 milioni di euro l’anno.

Camorra: confiscati beni per oltre 90 milioni di euro

da Latinoday

È arrivata fino nel sud pontino, in particolare a Gaeta, l’operazione della Dia di Napoli – Direzione Investigativa Antimafia – che su disposizione del tribunale di Frosinone ha confiscato beni per oltre 90 milioni di euro ad aziende e personaggi contigui al clan dei Casalesi.

La confisca è considerata una delle più grosse ai danni delle organizzazioni camorristiche che operano nel Lazio e segue il sequestro beni ottenuto dai magistrati un anno fa; i personaggi colpiti dal decreto erano attivi nel Lazio per conto dei Casalesi, poi quando il clan ha cominciato a indebolirsi si sarebbero “messi in proprio”.

Fra i beni confiscati vi sono venti società, beni strumentali, immobili, mobili registrati, due ditte individuali, 26 fabbricati, 28 terreni, 19 veicoli tra cui tre Ferrari e 114 conti correnti, depositi e rapporti finanziari.

Camorra, confisca beni a Gaeta
„I beni si trovano oltre che a Gaeta anche a Castrocielo (Frosinone), Cassino (Frosinone), Campoli Appennino (Frosinone), Sora (Frosinone), Arce (Frosinone), Rocca di Mezzo (L’Aquila), Arpino (Frosinone) e a Roma.“

Cancellieri in Sardegna con i sindaci vittime di intimidazioni: convocherò il Comitato nazionale per la sicurezza

da Ministero Interno

Il ministro dell’Interno a Cagliari e Nuoro per fare il punto sui problemi del territorio. Incontro con gi amministratori locali: «Devono essere liberi di esercitare le proprie funzioni senza pressioni»

C’è «grande attenzione» da parte del Governo riguardo alle intimidazioni – minacce, attentati, danneggiamenti – subite negli ultimi mesi da molti amministratori locali della Sardegna, 105 dal 1 gennaio 2012 al 5 gennaio scorso, la maggiorparte dei quali (44) nel territorio del Nuorese e Ogliastra.
I numeri, riferiti alla stampa dal ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri questa mattina a Cagliari, in prefettura, dopo aver presieduto la conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza e delle autorità giudiziarie, danno la misura di «un fenomeno grave e serio», secondo la titolare del Viminale, convinta che «gli amministratori devono essere liberi di esercitare le proprie funzioni senza alcuna intimidazione».

Il problema sarà portato all’esame del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, che il ministro ha deciso di convocare a breve sui temi sociali ed economici della Sardegna. Cancellieri, infatti, è andata oggi nella regione a statuto speciale, accompagnata dal suo capo di gabinetto Giuseppe Procaccini, anche per fare il punto su tutte le problematiche legate alla crisi economica e al disagio sociale del territorio insieme  ai presidenti della regione e del consiglio regionale, Ugo Cappellacci e Claudia Lombardo, ai presidenti provinciali dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) e a quelli delle 8 province, ai rappresentanti dell’Unione province sarde (Ups), ai sindaci dei capoluoghi di provincia e ai parlamentari eletti in Sardegna.

Il ministro, che ha «ascoltato attentamente» i problemi esposti, a Cagliari ha assunto un impegno: «Affronterò i problemi che mi competono e sensibilizzerò i colleghi di governo sulle situazioni di malessere e disagio di cui sono stata informata oggi». «Lo Stato è presente», ha assicurato Cancellieri, indicando le linee di intervento per affrontare la situazione: intensificazione dell’attività di intelligence e prevenzione, con pene severe per i responsabili, già individuati, ha detto il ministro, in oltre il 40% degli episodi criminosi dell’ultimo anno ai danni degli amministratori locali sardi.

L’INCONTRO CON I SINDACI DEL NUORESE

Alcuni di loro hanno incontrato Cancellieri nel primo pomeriggio nella prefettura di Nuoro. Ai sindaci sono state date «tutte le rassicurazioni, con i mezzi a nostra disposizione di un grande impegno di solidarietà e per lavorare insieme», ha detto il ministro dell’Interno al termine della riunione, riconoscendo agli amministratori locali «una grande voglia di reagire e lavorare». «La Sardegna ha sicuramente una situazione sociale molto complessa, con posti di lavoro che si perdono continuamente, e dove non c’è lavoro tutto diventa più difficile» ha aggiunto Cancellieri, edicendosi comunque convinta che «non c’è un’emergenza democratica» e garantendo «il massimo impegno e lasciare testimonianza delle difficoltà di questo territorio».

Prima di recarsi a Nuoro, ha incontrato una delegazione di lavoratori dell’Alcoa di Portovesme.

Criminalità organizzata: arrestato dalla Polizia il boss latitante Antonio Mennetta

da www.ansa.it

La polizia ha arrestato il boss latitante Antonio Mennetta, di 28 anni, ritenuto dagli investigatori il capo dei ‘girati’, il gruppo camorristico protagonista insieme con gli scissionisti della seconda faida di Scampia, si è arreso a Scafati, al confine tra le province di Napoli e Salerno, a circa a una ventina di agenti della Squadra catturandi della Questura di Napoli e del Servizio centrale operativo (Sco).

“Sono Antonio Mennetta”: queste le prime parole pronunciate quando è stato sorpreso dalle forze dell’ordine. Il blitz è scattato alle tre della scorsa notte. La villetta dove si nascondeva il latitante è stato circondata e l’intera area comprendente numerose abitazioni simili è stata interamente circoscritta dalla polizia. Vi erano, infatti, grosse possibilità di fuga e la polizia temeva che Mennetta potesse sfuggire alla cattura. Quando si è reso conto che non vi era più nulla da fare si è arreso e si è fatto ammanettare. Nella villetta di Scafati sono stati sorpresi dalla polizia anche due pregiudicati la cui posizione è all’esame degli investigatori.

Antonio Mennetta era già stato arrestato nello scorso mese di luglio e scarcerato poi dopo due giorni. I carabinieri gli notificarono un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per violazione delle prescrizioni sulla sorveglianza speciale. Fu sorpreso dai militari in una abitazione alla periferia di Napoli dove si era recato per incontrare moglie e figli. Per i pm è considerato un boss emergente del gruppo di Via Vanella Grassi, i cosiddetti ‘girati’ che si oppongono al clan degli scissionisti di Scampia per il controllo delle piazze di spaccio di Secondigliano. Ma nel luglio scorso il gip valutò non sufficienti gli elementi a carico di Mennetta.

Mennetta, considerato personaggio di rilievo della camorra napoletana, era ricercato dallo scorso mese di settembre per associazione a delinquere ed omicidio. Con l’arresto di Mennetta restano due soli latitanti ricercati per la faida di Scampia. La cattura dei cinque personaggi considerati responsabili della faida è uno degli obiettivi del gruppo di lavoro, costituito dopo l’omicidio di Pasquale Romano (il giovane ucciso per sbaglio lo scorso ottobre a Napoli), dagli uomini del servizio centrale operativo della Polizia di Stato (Sco) e da quelli della squadra mobile di Napoli.

All’appello dei cinque wanted mancano Mario Riccio e Marco Di Lauro, figlio di Paolo, capo storico dell’omonimo clan. In manette sono già finiti Mariano Abete, e Rosario Guarino, detto Joe Banana.