Sequestro beni all’uomo di Messina Denaro

da Polizia di Stato

Ottantadue beni immobili tra ville e appartamenti; 33 auto tra quelle di lusso, furgoni, mezzi meccanici;18 quote  societarie; 2 società; 37 conti correnti e rapporti bancari per un valore totale di 25 milioni di euro.

A tanto ammonta il patrimonio di un imprenditore di Trapani, indicato come vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro, sottoposto, questa  mattina, al sequestro preventivo dei beni.

Il provvedimento è stato eseguito dagli agenti della divisione anticrimine della Questura e dai militari del Nucleo di polizia tributaria  della Guardia di finanza di Trapani.

Le indagini condotte dalla questura di Trapani avvenute attraverso le intercettazioni e in particolare il ritrovamento di “pizzini” scritti da  Matteo Messina Denaro, hanno condotto gli investigatori ad individuare l’enorme massa di beni appartenenti all’imprenditore e a rafforzare il  sospetto dei collegamenti che quest’ultimo aveva intrattenuto con Cosa nostra

Sequestrato arsenale della camorra

da Polizia di Stato

Scoperto a Giugliano in Campania, a pochi chilometri dal quartiere Scampia di Napoli, un deposito di armi illegali. Gli  agenti del commissariato Giugliano-Villaricca hanno trovato l’arsenale in una villetta in costruzione.

Sequestrati 18 fucili tra i quali tre Kalashnikov, dieci fucili da guerra provenienti dalla ex Jugoslavia, quattro dei quali completi di ottica di  precisione, e cinque fucili da caccia.

Il proprietario della villetta, un pregiudicato di Melito, un comune del napoletano, è attualmente ricercato.

Le armi erano nascoste nel sottotetto dell’abitazione e la polizia scientifica le sta analizzando per stabilire se siano state usate recentemente durante la sanguinosa faida di Scampia e negli agguati degli ultimi giorni.

ANCORA UN OMICIDIO A NAPOLI Ucciso il cugino del calciatore del Torino Salvatore Masiello

di Grazia De Marco

Ad uccidere  il ventitreenne Vincenzo Masiello, cugino del calciatore del Torino Salvatore Masiello,  lo scorso 21 settembre a Napoli,  sarebbe stato un  uomo a bordo di uno scooter T-Max , che ha sparato sette colpi di pistola tutti andati a segno, alcuni dei quali in testa. L’omicidio è avvenuto nel cuore dei Quartieri Spagnoli, in Via Lungo Nuovo, poco distante dall’abitazione della vittima, che abitava in via Vico Monte Calvario. A nulla è servita la corsa in ambulanza  verso l’ospedale  “Vecchio Pellegrini”, dove, comunque, i medici hanno cercato con ogni mezzo di salvarlo.

Il ragazzo, noto alle Forze dell’Ordine per alcune rapine, dai primi accertamenti non sembrerebbe in rapporti con i clan della criminalità organizzata napoletana, anche se è stato ucciso come un boss massacrato a sangue freddo mentre camminava lungo vico Tre Regine

Le indagini della Squadra Mobile della Questura di Napoli, sembrerebbero orientate verso un episodio avvenuto pochissimi giorni prima, quando il ragazzo, probabilmente, avrebbe mancato di rispetto ad una donna  che, dopo un acceso diverbio, avrebbe persino schiaffeggiato. Sfortunatamente, però, la misteriosa donna sarebbe la compagna di un noto criminale della zona, che non avrebbe impiegato molto a punire il giovane.

A creare sconcerto, però, è anche quanto accaduto nei minuti successivi all’esecuzione,  durante i  pochi minuti che la Polizia ha impiegato per arrivare sul posto. Alcuni complici hanno occultato le tracce utili per le indagini, disperdendo i bossoli e pulendo parte del sangue presente sul luogo dell’omicidio.

Sale così a 44 il numero degli  omicidi, dall’inizio dell’anno, in una città che sembra non avere pace e, a tal proposito, il Sindaco Luigi De Magistris, pur riconoscendo il grande impegno e l’attenzione mostrata dalle Forze dell’Ordine, dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Napoli, ha auspicato un impiego più massiccio di Forze di Polizia.

Dia: vent’anni di lotta alla mafia

da Polizia di Stato

”In piena intesa con il capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli è stato deciso che le celebrazioni previste per la ricorrenza di San Michele Arcangelo si svolgeranno nel modo più sobrio e religioso possibile”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, durante la cerimonia per il ventennale della Dia, Direzione investigativa antimafia. Cancellieri ha precisato che la decisione ”è stata presa in comune accordo con il capo della Polizia per destinare ogni risorsa economica alla società civile”.

Prima del ministro dell’Interno sono intervenuti nell’ordine: il direttore della Scuola di perfezionamento per le forze di Polizia Vincenzo Giuliani, il direttore della Dia Alfonso D’Alfonso e il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Presenti alla cerimonia che è culminata con l'”annullo” del francobollo celebrativo del ventennale della nascita della Dia, le massime autorità civili e militari, tra cui il vice capo vicario della Polizia Nicola Izzo.

Il francobollo dedicato vuole ricordare non solo il ruolo svolto dalla Dia nel combattere la criminalità organizzata, ma soprattutto, il coraggio di chi ha sostenuto, fino all’estremo sacrificio, la difesa dei valori della società civile e combattuto per i diritti dei cittadini, come nel caso dei magistrati ritratti sul francobollo: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rosario Livatino.

L’uccisione del giudice Livatino, avvenuta il 21 settembre del 1990, coincide non a caso con la nascita della Dia, istituita proprio il 21 settembre, esattamente due anni dopo il suo assassinio. Tre magistrati, tre uomini che hanno ispirato lo Stato a dotarsi di moderne tecniche investigative per combattere la mafia che utilizza sempre più sofisticate e complesse tecniche criminali.

ECOMAFIA GLOBALIZZATA

di Grazia De Marco

Le organizzazioni mafiose non sono tali solo quando si manifestano attraverso reati palesi e sanguinari, le loro attività, infatti, spesso sono silenziose e penetrano le strutture dell’economia, della politica e del tessuto sociale. Tutte le mafie si adeguano al mercato, per inserirsi in attività illegali che consentono di investire ingenti somme di denaro per ricavarne profitti altrettanto enormi. Tra queste, sicuramente al primo posto vi sono le ecomafie, che riguardano il traffico illecito di rifiuti, la cementificazione abusiva, nonché gli attacchi al patrimonio culturale e alla fauna.

Lo scorso 4 Luglio è stato presentato il rapporto “Ecomafia 2012”, l’indagine annuale di Legambiente sull’illegalità ambientale, che ha fotografato una situazione impressionante, con un business illecito dalle cifre scioccanti, spesso contrastato con impegno e perizia dalle forze dell’ordine, le quali, solo nel 2011, hanno effettuato 8.765 sequestri, con 305 arresti (100 in più, rispetto all’anno precedente) e 27.969 persone denunciate. Nonostante questo grande lavoro, però, i traffici illeciti gestiti dagli ecomafiosi nel 2011 hanno fruttato ancora troppo, ben 16,6 miliardi di euro, anche a causa dell’accresciuta aggressività dei clan e dell’eccessiva disinvoltura con la quale il denaro illegale si muove nei circuiti della finanza internazionale.

Nel rapporto si precisa inoltre che i clan che gestiscono questi traffici sono 296, sparsi in tutte le regioni d’Italia, anche se la maggior parte dei reati registrati (il 47,7%) riguarda ancora una volta le 4 regioni a tradizionale presenza mafiosa, con in testa la Campania, seguita dalla Calabria, dalla Sicilia e dalla Puglia, ma nell’elenco sono anche compresi il Lazio ed  alcuni comuni del nord Italia sciolti per mafia, come Bordighera, Ventimiglia, Rivarolo e Leini.

Tra i vari settori illegali, quello più pericoloso e difficile da contrastare è certamente il traffico illecito di rifiuti internazionali. In Italia è comunque possibile investigare questo fenomeno grazie all’introduzione, nel 2001, del delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti (ex art. 53 bis del decreto Ronchi, ora art. 260 del D.Lgs 152/2006), che è anche l’unico delitto ambientale esistente nel nostro Paese. Il fenomeno del traffico internazionale di rifiuti comincia ad affacciarsi all’inizio degli anni ’80, grazie all’adozione di normative più rigide sullo smaltimento, che alcuni Governi europei hanno adottato per rendere sempre più difficile e onerosa l’eliminazione di scarti industriali e di oggetti dismessi.

I movimenti transfrontalieri di rifiuti sono regolati dalla “Convenzione di Ginevra”, entrata in vigore nel 1992 e ratificata, a oggi, da 138 Governi. La “Convenzione” ha l’obiettivo di vietare l’esportazione di scorie verso i Paesi in via di sviluppo, prevedendo anche un sistema di accordi bilaterali per disciplinarne i movimenti e consentendo le spedizioni in questi Paesi solo di alcune tipologie di rifiuti, destinati al recupero e mai al mero smaltimento.

Con l’entrata in vigore della normativa, tuttavia, una parte dei traffici è stata dirottata nel circuito illegale, finendo per cambiare forma. Per cercare di aggirare la “Convenzione” e le sue regole, infatti, i trafficanti hanno incominciato a far ricorso a triangolazioni tra vari Paesi, adottando la tecnica del “giro-bolla”, ossia la falsificazione dei documenti di accompagnamento dei carichi. Grazie a questa tecnica, container carichi fino all’orlo di veri e propri rifiuti, spacciati alla frontiera  per materie prime secondarie o scarti di lavorazione, hanno la possibilità di passare da un intermediario all’altro o da un Paese all’altro.

In Italia i percorsi criminali transfrontalieri hanno inizio dalle grandi piattaforme logistiche, che rastrellano ogni genere di scarto, per poi destinarli all’estero. La direttrice storica dello smaltimento collegava in passato il Nord al Sud (ovvero i Paesi più ricchi a quelli più poveri), mentre la nuova destinazione sembra unire l’Ovest all’Est (ossia i Paesi più ricchi a quelli che lo vogliono diventare). Il tragitto tra Italia-Germania-Olanda-Hong Kong-Cina, ad esempio, è considerato un classico dei traffici illegali, regolati da cinque, sei, sette passaggi per ogni carico.

Più in generale, tuttavia, le tipologie di aree particolarmente considerate sono quelle caratterizzate da confini scarsamente controllati, da processi di disgregazione governativa o da conflitti interni. Per cercare di capire meglio quali siano le direttrici transnazionali più appetibili bisognerebbe anche conoscere tutti i mutamenti in corso nelle principali economie in espansione e in particolare la strutturazione della domanda, poiché non bisogna comunque dimenticare che quello della gestione illecita dei rifiuti è un vero e proprio mercato e quindi risente della fluttuazione dei circuiti economici.

Per quanto riguarda la tipologia, invece, una di quelle più appetibili, sempre secondo Legambiente, soprattutto per le organizzazioni criminali italo-cinesi, è quello dei materiali plastici, in particolare quelli a base di polictilene impregnati di fitofarmaci, pesticidi e fertilizzanti chimici, utilizzati per coprire le serre. Questi materiali dovrebbero essere smaltiti in impianti speciali, prima di essere destinati al riciclo, mentre, nei percorsi criminali, container carichi di questi rifiuti arrivano direttamente in aziende clandestine dove, mischiati ad altri materiali plastici, diventano nuova materia prima, poi spedita in giro per il mondo.

Tra i rifiuti sequestrati figurano molto spesso anche apparecchiature elettriche ed elettroniche come i Raee, che invadono soprattutto Paesi come l’India, vari Stati Africani, tra cui il Ghana e la Cina, dove finiscono nella più grossa discarica hi-waste del Guadong, nel sud del Paese orientale. Un’altra tipologia di rifiuti molto apprezzata dai trafficanti che operano sul mercato asiatico sembrano essere sia i pneumatici fuori uso, che vengono frantumati per poi essere utilizzati come combustibile per cementifici e termovalorizzatori, che altri materiali come l’acciaio, il ferro e la carta.

Per traffici e affari così imponenti, tuttavia, la criminalità organizzata, non potendo gestire e coordinare tutto da sola, si avvale di una vera e propria rete di rapporti con funzionari pubblici, produttori di rifiuti, addetti ai trasporti, gestori di stoccaggi, cosiddetti “colletti bianchi” (soggetti dalla fedina penale pulita che occupano posti chiave nelle pubbliche amministrazioni) e, in ultimo, con il commissario straordinario.

Una delle parti sicuramente più interessanti di “Ecomafia 2012” riguarda infine le proposte di Legambiente per cercare in qualche modo di arginare il fenomeno e cioè:

–           rafforzare da un lato e semplificare dall’altro il quadro sanzionatorio in materia di tutela penale dell’ambiente attualmente in vigore;

–           rendere pienamente operativa la nuova classificazione del delitto dia attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, prevedendo l’utilizzo di intercettazioni telefoniche e ambientali, in presenza di sufficienti indizi di reato e prolungando fino a un anno i termini per le indagini preliminari;

–           prevedere una serie di modifiche normative finalizzate a rendere più efficaci le procedure di sequestro di rifiuti presso aree portuali e aeroportuali;

–           sollecitare l’estensione del delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti in tutti i Paesi dell’Unione Europea;

–           inserire stabilmente e rafforzare il contrasto dei traffici illegali di rifiuti nelle attività di organismi investigativi e di controllo europei e internazionali (Europol, Interpol, Organizzazione mondiale delle dogane).

Beni confiscati alla mafia, arriva la convenzione tra l’Agenzia Nazionale e il Corpo forestale dello Stato

da ministero dell’Interno

La collaborazione vuole promuovere e ottimizzare le azioni di legalità per l’utilizzazione più idonea di beni sottratti alla criminalità organizzata localizzati nei territori rurali e montani

È stata sottoscritta oggi a Roma la convenzione tra l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC)  e il Corpo forestale dello Stato che prevede una costante collaborazione tra i due enti in materia di gestione e monitoraggio dei beni confiscati alla criminalità organizzata.
Secondo quanto previsto dal protocollo d’intesa, il Corpo forestale dello Stato fornirà all’Agenzia un supporto operativo in tema di sopralluoghi sui territori interessati e redazione di stime riguardanti i beni confiscati che rientrano in zone montane e rurali. Il Corpo forestale metterà inoltre a disposizione il proprio supporto informatico denominato Sistema Informativo della Montagna (SIM) per la catalogazione dei sopralluoghi nelle aree rurali o montane sottoposte a sequestro o confisca.
«Il protocollo d’intesa sottoscritto con il Corpo Forestale dello Stato – ha affermato il direttore dell’ANBSC Giuseppe Caruso – costituisce un’ulteriore, grande opportunità nella lotta alla criminalità organizzata mediante l’aggressione ai beni patrimoniali illecitamente acquisititi e il loro utilizzo anche per fini sociali. La specializzazione del Corpo forestale potrà essere di fondamentale supporto sia per le risorse disponibili dell’Agenzia nazionale sia per tutti i nuclei di supporto operanti presso le prefetture dell’intero territorio nazionale».
«L’impiego del  Corpo forestale dello Stato nella lotta all’ecomafia per garantire sicurezza e legalità passa anche attraverso questo accordo operativo con l’Agenzia Nazionale» – ha dichiarato il capo del CFS Cesare Patrone. «Il Corpo non mancherà di fornire il proprio apporto di competenze tecniche e di polizia per far sì- ha aggiunto – che i beni un tempo della mafia, oggi dello Stato, tornino alla loro utilità sociale nell’interesse del Bene comune».
Il Corpo forestale sarà impegnato nel monitoraggio dei beni destinati o assegnati in via provvisoria relativamente alle aree rurali e montane anche al fine di reprimere i reati attinenti all’ambiente (traffico illecito di rifiuti, inquinamento delle falde acquifere, distruzione e deturpamento delle bellezze naturali, incendi, abusivismo edilizio, per citarne solo alcuni) con l’impiego del personale dei comandi territoriali e dei nuclei investigativi specializzati. In concorso con le altre Forze di polizia sarà impegnato nelle attività di sgombero forzoso del bene nell’ambito delle azioni disposte dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica competente per territorio.
L’Agenzia nazionale, nell’ambito delle attribuzioni di competenza, valuterà insieme alla Forestale la possibilità di procedere all’assegnazione a quest’ultimo di beni mobili registrati e/o animali o di beni immobili confiscati in via definitiva.

La Geografia del Narcotraffico

di De Marco Grazia

Nel corso della presentazione del World Drug Report 2012, lo scorso 26 Giugno, il russo Yuri Fedotov , Direttore esecutivo della UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime), l’agenzia anticrimine delle Nazioni Unite , fondata nel 1997,  ha affermato che “L’eroina, la cocaina e le altre droghe mandano in frantumi non solo molte persone, ma anche le loro famiglie trascinandole nella miseria e nell’insicurezza……”.

Negli ultimi due anni, le droghe più diffuse, a livello mondiale, sono state la cannabis, la cocaina e l’eroina, che hanno fatto registrare percentuali elevatissime di consumatori: tra 119 e 224 milioni, mentre 27 milioni di persone risultano tossicodipendenti da eroina e cocaina, nonostante i sequestri di stupefacenti, negli ultimi anni, risultino in aumento, soprattutto per quanto riguarda cocaina, hashish e marijuana.

Secondo i dati forniti dalla DCSA (Direzione Centrale dei Servizi Antidroga), infatti, i sequestri di cocaina sarebbero aumentati del 65,12%, quelli di hashish dello 0,22% e quelli della marijuana del 98,15%, mentre si è registrato un decremento nei sequestri di eroina -14,09%, anfetaminici -77,43% e LSD -82,89%.

L’UNODC, ha come obiettivo quello di combattere il crimine organizzato e le droghe, lavorando soprattutto sul campo dell’informazione sui danni derivanti dall’uso della droga e nel coordinamento delle Polizie nel mondo. Ttra gli argomenti più interessanti trattati nel corso della presentazione del World Drug Report 2012, vi è quello riguardante le “rotte delle droghe”.

Queste ultime, infatti, rappresentano la scelta strategica primaria dei narcotrafficanti, i quali sono disposti ad andare anche contro i normali criteri di economicità, per la necessità di far arrivare a destinazione il maggior quantitativo di sostanza possibile, ricercando vie di flusso sempre nuove e meno controllate.

La rilevazione delle direttrici di flusso delle sostanze stupefacenti verso i mercati di destinazione viene effettuata in prima istanza analizzando i contributi di intelligence provenienti da organismi internazionali di settore, quali: UNDCP, OIPIC-INTERPOL ed EUROPOL, oltre che dalle Agenzie Straniere Antidroga dei vari Paesi corrispondenti con DCSA.

L’Italia non è area di produzione, ma rimane comunque rilevante la sua importanza come terra di transito verso altri Paesi e come punto di destinazione per le esigenze di consumo del mercato interno.

Il nostro Paese, oltre che per la sua compattezza di territorio, è famoso nel mondo per essere caratterizzato dalla presenza di organizzazioni criminali che contribuiscono alla gestione del traffico illecito a connotazione, sia nazionale che internazionale. A livello nostrano, la ‘ndrangheta sembra l’organizzazione criminale maggiormente coinvolta nei traffici di cocaina, mentre per l’eroina e i derivati della cannabis quelle più attive sembrano la camorra, la criminalità siciliana, pugliese  e quella laziale. Ovviamente, come per l’Italia anche per il resto dei Paesi la maggior parte dei traffici di stupefacenti viene gestita dalle grandi organizzazioni criminali locali, tra le più famose: i cartelli colombiani, le triadi cinesi (impiantate nel triangolo d’oro (foto) compreso tra la Birmania, il Laos, la Thailandia ed il Vietnam) e la yakuza giapponese, famosa per i traffici di metanfetamine ed eroina.

Le grandi organizzazioni italiane, ovviamente, fanno riferimento, a loro volta, ad organizzazioni straniere a base etnica, come quelle albanesi, interessate a controllare la “Rotta Balcanica” (foto) grazie a stabili alleanze con organizzazioni turche specializzate nella grande distribuzione di eroina, cocaina e marijuana. Poi vi sono le organizzazioni Marocchine, sempre più dedite al traffico della cocaina ed  infine quelle Tunisine e Nigeriane, coinvolte nel traffico a minuto dell’eroina e concentrate soprattutto a Caserta, Napoli, Padova e Torino.

 

In termini generali le rotte della droga verso l’Italia vengono distinte per macrodirettrici: da ovest la cocaina del Sud-America, da Est l’eroina Afghana e la marijana albanese e da sud hashish marocchino.

In realtà, però, non è tutto così prestabilito, poiché i narcotrafficanti tengono in considerazioni molteplici aspetti, che poi determinano la scelta di una rotta come: la permeabilità dei sistemi di controllo, la connivenza delle autorità locali, la facilità di approdo ed, infine, la disponibilità di vettori.

Oppio ed eroina si muovono dall’Afghanistan attraverso tre direttrici: quella del nord attraverso le Repubbliche Centro-Asiatiche, quella del Sud attraverso il Pakistan  ed, infine, quella più massiccia attraverso l’Iran. Queste ultime due, poi, si ricongiungono ad un macroflusso che, tramite la “Rotta Balcanica”, giunge ai mercati Europei. Questi flussi passano, sia attraverso rotte marittime (porto di Karachi in Pakistan), sia attraverso rotte aeree (Karachi, Lahore, Peshawar).

Per quanto riguarda la cocaina, invece, le principali linee di transito sono quelle: latino-americane (dai Paesi produttori verso Argentina, Uruguay, Stati-Uniti, Canada ed Europa) e quella Atlantica (dal Venezuela, Colombia, Brasile e Argentina, verso l’Europa) (foto). In tale contesto, i porti più utilizzati appaiono quelli  Europei di Lisbona, Malaga, Marsiglia e quelli del Tirreno e della Sicilia, mentre gli scali aeroportuali più sfruttati sono quelli di Madrid, Parigi, Londra, Francoforte, Milano e Roma.

La “Rotta Mediterranea” (foto) per quanto riguarda l’haschish si snoda secondo tre direttrici: quella dal Libano verso  Cipro, Grecia, Italia, Francia e Spagna; quella della Penisola Iberica, via Atlantico, fino al nord Europa ed in ultimo quella che dal Marocco va fino in Nord America.

 

Un consolidato canale di flusso di cannabis e derivati è invece quello attivo tra Albania e Italia, attraverso la rotta che interessa i porti di Durazzo e Valona per la parte albanese e quelli di Bari, Brindisi e Otranto per il versante italiano.

Episodi criminosi contro beni e terreni confiscati alle mafie

Dalla Sicilia alla Puglia, dalla Calabria al Lazio. Cancellieri: «Sono vicina alle donne e agli uomini che con coraggio e determinazione fanno rivivere le terre e le aziende confiscate alla criminalità organizzata»

Il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, ha espresso la sua più ferma condanna per la serie di episodi criminosi che, dalla Sicilia alla Puglia, dalla Calabria al Lazio, hanno colpito beni e terreni confiscati alle mafie e ha manifestato la sua solidarietà alle associazioni che gestiscono tali beni. Il Ministro ha impartito precise direttive ai Prefetti perché pongano in essere tutte le opportune iniziative volte a evitare il ripetersi di questi atti intimidatori e intensifichino l’attività di controllo e prevenzione.
«Sono vicina alle donne e agli uomini che con coraggio e determinazione fanno rivivere le terre e le aziende confiscate alla criminalità organizzata – ha sottolineato il ministro Cancellieri – e faremo di tutto per stroncare questo odioso fenomeno e per consentire a tutte le associazioni di continuare questa preziosa attività di valorizzazione dei prodotti che sono il simbolo del riscatto della legalità nei confronti delle mafie».

Droga: mafia e narcos, 34 arresti a Palermo

da Polizia di Stato

Un’organizzazione di narcotrafficanti che operava tra il Messico e l’Italia e riforniva di cocaina il mercato nazionale è stata bloccata stamattina dalla Squadra mobile di Palermo che ha operato in stretto accordo con la Dea, il dipartimento antidroga degli Stati Uniti.

Sono complessivamente 34 le persone arrestate. Tutte accusate di importazione e traffico di sostanze stupefacenti sul territorio nazionale, di detenzione ai fini di spaccio, in particolare di cocaina e hashish. I criminali trattavano in Italia direttamente con la camorra e la mafia siciliana.

L’indagine, denominata operazione ”Monterrey”, dal nome della località messicana, è partita circa tre anni fa. Gli investigatori hanno raccolto numerosi elementi di prova a carico di cittadini italiani residenti in Messico ed in contatto con gruppi di ‘narcos’ locali.

L’operazione, condotta in collaborazione con i poliziotti della direzione centrale servizi antidroga e quelli della direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, ha portato anche al sequestro di grandi quantitativi di droga, destinati al mercato tra Napoli e Palermo. Nello specifico sono stati sequestrati 5 quintali di cocaina e 5 quintali di hashish.

La droga era nascosta all’interno di un grande forno per la cottura della ceramica che era stato spedito in Italia. Il nascondiglio è stato scoperto dagli agenti grazie a una segnalazione dei colleghi della Dea che ha consentito di intercettare il forno imbottito di droga in provincia di Terni.

Il valore al dettaglio della droga sequestrata ammonta a diverse decine di milioni di euro: la cocaina proveniente dal Messico ha infatti un principio attivo dell’84%, dunque molto elevato, e avrebbe consentito di essere “tagliata” moltiplicando il quantitativo di sostanza stupefacente.

Tra gli arrestati anche italiani residenti all’estero e cittadini dell’Est Europa, altro canale d’approvvigionamento dell’organizzazione criminale.

La Squadra mobile chiude l'”Officina del crimine” di Caserta

da Polizia di Stato

L’operazione anticamorra “Officina del crimine” conclusa questa mattina a Caserta dalla Squadra mobile ha portato in  carcere 19 affiliati ed esponenti di spicco del clan Belforte, detti “i Mazzacane”, attivo nella zona di Marcianise e del casertano. Altre 15  persone erano già state arrestate nel corso delle indagini perché sorprese in flagranza di reato, mentre 43 sono indagate in stato di  libertà.

Sequestrate 4 case, terreni, 110 conti correnti bancari, alcune ditte individuali e quote di una società edile, per un valore complessivo di  oltre 1 milione di euro.

Diversi sono i reati contestati: associazione a delinquere finalizzata al traffico, detenzione e cessione continuata di stupefacenti, estorsione  continuata e aggravata, detenzione e porto illegale di armi da sparo, comuni e da guerra, tutti aggravati dal metodo mafioso e dal fine di  agevolare l’organizzazione camorristica dei Belforte.

L’indagine, che ha preso spunto dalla denuncia relativa ad una tentata estorsione nei confronti di un imprenditore edile, ha permesso di  individuare un’officina (da cui il nome dell’operazione) di San Nicola la Strada (Caserta) che era diventata il quartier generale  dell’organizzazione.

Microfoni e telecamere nascoste nell’edificio hanno fatto conoscere agli investigatori i contenuti dei summit camorristici che si tenevano al suo  interno, permettendo loro di fare piena luce sulle attività illecite portate a termine dagli uomini del clan nel periodo compreso tra il  2007 e il 2008.

A tirare le fila del gruppo c’era il boss detto “Capitone”, che impartiva i suoi ordini dagli arresti domiciliari. Una parte degli uomini si  dedicava alle estorsioni, perpetrate nei confronti di un meticoloso elenco di imprenditori, ritrovato all’interno dell’officina.

Decine gli episodi estorsivi documentati dagli investigatori a Caserta, San Nicola la Strada, San Marco Evangelista, Marcianise. Vittime non solo i  cantieri edili, ma anche aziende di noleggio video giochi, ambulanti, ditte d’installazione di luminarie, gommisti, rivendita di caravan e articoli  da campeggio.

Il resto dell’organizzazione si occupava del traffico e spaccio di droga, in particolare cocaina, ma anche crack e hashish; gestiva una capillare  rete di spacciatori capace di alimentare diverse piazze attraverso uno dei propri referenti.

Proprio dopo l’arresto dell’uomo, avvenuto nel 2007, la gestione del business è stata affidata ad un altro gruppo che per questo pagava una “royalty” di 50mila euro al mese. Grazie a numerosi galoppini che provvedevano a confezionare e vendere la droga, l’organizzazione riusciva a coprire numerose zone: Caserta, San Nicola la Strada, Marcianise, Maddaloni, Santa Maria a Vico, Casapulla, San Prisco.

I camorristi avevano a disposizione anche molte armi da sparo, compresi alcuni mitra kalashnikov.